Grecia: Dichiarazioni di Nikos Maziotis e Pola Roupa in sciopero della fame e della sete

 

 

 

Nikos Maziotis e Pola Roupa (che è stata arrestata questa mattina) hanno iniziato uno sciopero della fame e della sete per esigere che il loro figlio di sei anni –che è stato arrestato questa mattina contemporaneamente all’arresto di Pola e di altre tre persone- sia affidato alla famiglia di Pola. Le dichiarazioni di Pola e Nikos sono state tradotte sui social network (grazie al traduttore).

Dichiarazione di Pola
Io sono e sarò fino alla mia morte, senza pentimento, nemica del sistema. Costoro, ora hanno messo il bambino in mezzo a questa guerra e lo utilizzano come rappresaglia per vendicarsi ancor più di me. Costoro hanno rapito il mio bambino e io non so dove si trovi da questa mattina, quando siamo stati arrestati. Noi siamo in guerra. Questo è un dato di fatto. Tuttavia il fatto di fare la guerra a mio figlio rifiutandosi di portarmelo, rifiutandosi che io lo veda e rifiutandosi di consegnarlo immediatamente alla mia famiglia e minacciando di consegnarlo ad un istituto costituito è il fatto più miserabile di questa guerra. Coloro che appartengono ai meccanismi di stato sono immondizia, perché combattono un bambino di sei anni. E io voglio dichiarare che inizio immediatamente uno sciopero della fame e della sete allo scopo che il bambino venga consegnato a mia madre e mia sorella. Per ciò che mi riguarda, io resto loro nemico fino alla mia morte, costoro non riusciranno mai a piegarmi. Viva la rivoluzione.

Dichiarazione di Nikos

Dopo l’arresto di Pola Roupa, il giudice per l’infanzia Nikoulou ha rifiutato di assegnare la custodia del nostro figlio di 6 anni ai familiari di Pola impedendo inoltre loro di vederlo e senza portare a conoscenza del nostro avvocato in quale posto egli si trovi. Sostanzialmente, lo stato ha rapito nostro figlio, vendicandosi di noi per la scelta che abbiamo fatto, la scelta della lotta armata. Gli infami organi di stato, gli scagnozzi dei creditori di stato, del memorandum legale e costituzionale, si sono presi un bambino di 6 anni per vendicarsi di noi, perché abbiamo scelto di praticare la lotta armata, perché noi non ci siamo arresi a gettare noi stessi in prigione, perché siamo entrati in clandestinità e perché ci siamo opposti a questa appendice della Banca Centrale Europea, la Banca Nazionale di Grecia oltre che ufficio di rappresentanza permanente del FMI.
Le pratiche del giudice Nikolou sono simili a quelle di tempi passati, come al tempo dei “Paidoupoleis”* della regina Fredérika nei confronti dei figli dei partigiani durante la guerra civile. Nostro figlio è figlio di due rivoluzionari ed è molto fiero dei propri genitori. Nessun ricatto ci farà piegare. Noi difendiamo le nostre scelte attraverso la nostra stessa vita.
A partire da oggi, io comincio uno sciopero della fame e della sete assieme alla mia compagna, per esigere che nostro figlio sia affidato alla sua famiglia.
La rivoluzione armata dal basso è l’unica soluzione possibile.
* I “παιδουπόλεις της Φρειδερίκης » furono degli organismi creati dalla regina Frederika nel 1947 nei quali furono portati molti figli di partigiani, tra gli altri.

 

AGGIORNAMENTI SU LOTTA RIVOLUZIONARIA-GRECIA

Ci giungono dalla Grecia notizie che ci spingono a gridare ancora più forte la nostra rabbia.

Ricordiamo che dopo l’arresto di Pola Roupa e Kostantina Athanasopoulou ( 5 gennaio 2017), membri dell’organizzazione Lotta Rivoluzionaria, i servi dello stato greco hanno sequestrato il il figlio di sei anni della Roupa e di Maziotis, mettendolo nelle mani dei servizi sociali e non permettendo ai parenti più prossimi di poterne avere la custodia.

I tre compagni di LR hanno immediatamente iniziato uno sciopero della fame e della sete in segno di protesta.

Oggi il bambino è stato trasferito nell’ospedale pediatrico di St. Soppiantato, per un ricovero coatto, che è stato ordinato da un decreto della pubblica accusa e che stabilisce che ” il bambino deve essere sorvegliato 24 su 24″ e che ” qualsiasi comunicaz6con i parenti è proibita”.

Il reparto in cui si trova è quello destinato ai piccoli pazienti con gravi disordini psichiatrici.

Tutto questo accade nel più completo silenzio dei maggiori Blogger di controinformazione italiani che hanno ignorato la notizia.

Noi vogliamo ricordare quanto sia ” bella e confortevole” la democrazia che ci circonda.

Solo odio verso ogni stato e i suoi servi!

PER L’ ANARCHIA CHE DISTRUGGE!

Arrestate Pola Roupa e Konstantina Athanasopoulou, membre di Lotta Rivoluzionaria. La polizia sequestra il figlio di Pola e Nikos Maziotis di 6 anni, da oggi sono in sciopero della sete

Divulghiamo un aggiornamento urgente dalla Grecia. Ci scusiamo se le notizie dovessero risultare incomplete o contenere degli errori, ma il momento di precipitazione ci impone la necessità di condividere prima possibile ciò che sta succedendo. Rimandando a successivi aggiornamenti e traduzioni per maggiori inoformazioni.

Nella giornata di ieri (5 gennaio 2017) Pola Roupa e Konstantina Athanasopoulou, membre dell’organizzazione Lotta Rivoluzionaria, gruppo armato greco di posizioni anarco-comuniste, sono state arrestate dai reparti anti-terrorismo della sbiraglia ellenica.

Sembra siano state arrestate a casa di Konstantina e che con loro c’era il figlio di 6 anni di Pola e di Nikos Maziotis, militante prigioniero di Lotta Rivoluzionaria.

Il bambino è stato sequestrato dalla polizia greca, affermando che il piccolo è sotto protezione in quanto figlio di pericolosi terroristi.

A questo punto Nikos, Pola e con loro anche Konstantina sono in sciopero della fame e della sete.

Facciamo appello affinché questa infame vicenda non passi sotto silenzio. Invitiamo alla divulgazione e alla solidarietà internazionalista.

Solo odio verso le bestie al servizio dello Stato

Carcere di Ferrara – censura sequestra articolo di Alfredo

Ricevo e pubblico in affinità. 

I giochi di potere del pm Sparagna e dei suoi servi non ci spaventano.

Complicità con i fratelli arrestati. 

anarchia_simbolo_vernice_01

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il compagno Alfredo Cospito, prigioniero in AS2 a Ferrara per la
gambizzazione di Adinolfi e di recente destinatario di un nuovo
mandato di arresto per l’operazione denominata “Scripta Manent” –
operazione che ha comportato, su richiesta della procura di Torino,
ad un nuovo periodo di censura della posta da parte dei secondini –
ci scrive che i suoi articoli vengono sistematicamente sequestrati.
In particolare Alfredo ha inviato un lungo contributo per una nuova
iniziativa editoriale, una nuova rivista anarchica di agitazione ed
approfondimento teorico che dovrebbe uscire agli inizi del prossimo
anno. Solo dopo 10 giorni dall’invio del suo articolo, senza
ricevere risposta da parte dei destinatari che anzi lo sollecitavano
ignari ad inviare il gradito contributo, Alfredo ha potuto
apprendere che la lettera era stata sequestrata. In altre parole il
responsabile di sezione il cui triste e infame lavoro consiste nel
fotocopiare ogni lettera, in uscita o in entrata, per i prigionieri
sottoposti a censura, inviandone copia al pm Sparagna, ha deciso che
in questo caso lo spionaggio non bastava; che l’articolo del
compagno non doveva uscire affatto.
Decisione che quanto meno ha il merito di fare chiarezza sulle
ipocrisie repressive del regime democratico. Al potere non interessa
soltanto la repressione di quelle azioni che rispondono con la
giusta violenza alla violenza infinitamente maggiore che lo Stato e
il Capitale ogni giorno compiono per tenere in piedi il loro
dominio. Il potere, dai togati dell’antimafia di Torino fino al
misero secondino ferrarese, non tollera nemmeno che i compagni
prigionieri possano continuare a scrivere, ad agitare, a provocare,
collaborando, magari anche scontrandosi, con la riflessione di altri
individui che non ci stanno a continuare a subire.
Non riuscirete ad isolare i compagni e le compagne prigioniere.

Avremmo preferito annunciare pubblicamente l’uscita della nostra
rivista solo quando questa fosse stata effettivamente pronta.
Andremo avanti nella nostra pubblicazione, con maggiore orgoglio nel
sapere che questa sta già innervosendo i burocrati della
repressione. Certi che la nostra complicità con Alfredo e le altre
compagne prigioniere non si può certo esprimere in tutta la sua
gioiosa sincerità solo sulle pagine di un giornale.

Aut Aut

 

Pubblico la riflessione dei gestori e fratelli anarchici di anarhija.info condividendone le critiche mosse all’opuscolo firmato dal gruppo Guerriglia Urbana delle CCF.

Ricordando che Stirner aveva fondato la sua causa sul Nulla, non su una serie di regole formali da seguire.

Per l’Individuo. Sempre.

 

ccf-300x298

 

Quando tradussi e pubblicai l’opuscolo “Individualità e il gruppo anarchico”https://anarhija.info/library/cospirazione-delle-cellule-di-fuoco-cellula-di-guerriglia-urbana-individualita-e-il-gruppo-anar, firmato da una delle cellule della CCF, Cellula di Guerriglia Urbana, aggiunsi in nota che non l’ho fatto perché ne condivido il contenuto, ma per rendere pubblico quanto questo progetto, secondo me, si è allontanato da quella sua forma originaria di tensione per proporre (o riproporre) un individualismo anarchico che per certi versi può essere trovato nelle pagine di una diversa teoria insurrezionalista, però, in questo caso, avvicinandosi, o addirittura in certi punti sfociando in idee formali, cioè dell’organizzazione formale.

 

Simili proposte (piattaforma informale, organizzazione strutturata e specifica) sono già state oggetto di critica, sia nello scritto del compagno Alfredo Cospito indirizzato ai compagni greci, che nel testo di alcuni compagni che costituivano le CARI-PGG, e recentemente nell’ultima riflessione, riguardo il testo in questione, del compagno di RadioAzione.

 

Questo che segue è solo una raccolta di pensieri sparsi che affioravano alla mia mente mentre traducevo il testo, di tasselli che non compongono un mosaico figurativo, ma un’astratta immagine personale libera a interpretazioni, perché non possiedo verità da trasmettere, e tanto meno da mercificare.

 

Questo opuscolo tocca vari argomenti, e molti di essi, secondo il mio punto di vista, vanno a sgretolare il concetto dell’individualismo in sé (sia a livello teorico che pratico). E proprio coloro (almeno gli autori del testo) che abbracciarono l’idea della F.A.I., propagando la versione nichilista dell’anarchia, adesso propongono di snaturalizzare la prima, cercando di indirizzarla nelle forme (strutture) che sono più proprie ad un, oserei dire, “insurrezionalismo comunista” che anarchico, più affine forse ai gruppi come 17N, cercando di strutturare l’anarchia informale in piattaforme, organizzazioni fisse, cluster, gruppi, sotto-gruppi, gruppi di prova ecc. Il testo sta tentando di lanciare una proposta completamente antitetica alla F.A.I., però conservando lo stesso aggettivo “informale”. Non perché qualcuno detiene su di essa i “diritti d’autore”, ma perché va ad eclissare tutto quello che c’è di informale e di individualista in questo progetto. Partendo dalla mia esperienza personale, se ritengo che un progetto non soddisfa i miei bisogno sono libera di crearmi un altro, senza cercare di convincere gli altri di adattarsi ai miei bisogni. Questo, per me, significherebbe far politica.

 

Non è che con queste mie parole voglio, per l’amor dell’anarchia, imporre a qualcuno le mie idee, solamente penso che chi progetta organizzazioni così strutturate e fisse, forse farebbe meglio a darsi anche un nome più appropriato. “Informale”, nel documento della F.A.I. in lingua italiana (“Chi siamo – Lettera al movimento anarchico e antiautoritario”): “Inoltre chi fa parte della F.A.I. ne è militante a tutti gli effetti solo nel momento specifico dell’azione e della sua preparazione, non investe l’intera vita e progettualità dei compagni (…)”. Poi se in qualche altra lingua questo concetto possiede significati diversi forse ci sono stati dei fraintesi.

 

L’individualismo nel suddetto opuscolo viene intaccato in vari punti, giusto per citare qualche esempio, criticando addirittura le rapine fatte da anarchici per scopo puramente individuale, e non per la grande Causa. Che egoisti questi anarchici che appagano il proprio ego realizzando i propri desideri, che contemporaneamente soddisfano i bisogni materiali che il sistema ci impone e imprimono un attacco all’istituzione bancaria, cioè al capitale.

 

Perché certi anarchici si dedicano solo alle rapine e non anche all’azione diretta, si chiedono gli autori. Ma, mi chiedo io, la rapina (anarchica) a mano armata non è anch’essa una forma di azione diretta? Scadiamo adesso a discutere su tematiche futili se è più radicale inviare un pacco-bomba o fare una rapina? E poi, continuano dicendo, che i compagni preferiscono dedicarsi alle rapine perché la polizia è meno interessata ad indagare queste, che altri tipi di azioni dirette. No so, forse nel territorio degli autori funziona così (o forse perché questo commento è indirizzato a qualcuno in particolare, però non capisco allora perché parlare in generale)… A me, personalmente sembra che gli autori forse non si rendono bene conto di cosa si rischia entrando in banca con un’arma (e non parlo solo dal punto di vista legale)… E questo lo dico non perché io possiedo una scaletta di forme dell’azione diretta, ma coloro che il testo l’hanno redatto (almeno questo è l’impressione che lascia).

 

Dicono, “non ci soddisfa un’“etichetta” generale, noi non siamo “Alcuni anarchici”, o qualunque altra firma con cui alcune persone scelgono di firmare le loro azioni”. Dopo i bacchettoni dell’anonimato appaiono adesso i fondamentalisti di una firma fissa, di una aderenza specifica nel tempo. Alla faccia dell’individualismo stirneriano e del suo “nulla”.

 

Non penso che se qualcuno sceglie di compiere un’azione anonima, o senza un nome specifico, o addirittura ripetitivo, lo fa per qualche sentimento di paura. Con o senza firma, ogni anarchico che si appresta a compiere un’azione si arma dio coraggio uguale. E se sceglie di farlo nell’anonimato o firmando è in base alle (spero) proprie idee, convinzioni, e anche circostanze. Non penso che su questo (come anche sul null’altro) ci dovrebbero essere delle regole universali. Ed esprimere una simile opinione mi pare scorretto verso tutti quegli anarchici che si espongono, o si sono esposti ai rischi di un’azione, anonima o meno, perché se fossero stati perseguitati dai dubbi o/e dalle paure non l’avrebbero sicuramente compiuta. Chi invece ha bisogno dello spettacolo, di crearsi un ruolo, un nome duraturo nella Storia, un’immagine, un’identificazione, chi è così tanto “spavaldo” e “coraggioso”, tanto vale che sul luogo lasci nome-cognome-indirizzo, si faccia un selfie e lo posti su qualche sito di contro-informazione, dove potrà trovare video/foto degli, ad esempio, scontri, fatti dagli stessi partecipanti. W il porn-riot!

 

Per me tutte le idee sono solo degli strumenti, come lo sono anche i valori, quindi anche le parole che utilizziamo, mere parvenze create dalla mente umana. E in questo contesto l’anarchia è solo un’etichetta, come ogni altra. Però, dato che utilizziamo questi strumenti, le parole, per comunicare, ho scelto l’anarchia per descrivere le mie idee, non il mio ruolo. Potrebbe essere ogni altra parola, ma in questo linguaggio predeterminato la parola “anarchia” è una parola predeterminata per esprimere idee e azioni specifiche. Questo ovviamente non significa che considero ogni anarchico mio compagno, o che mi identifico con ogni azione anarchica. La mia idea dell’anarchia è solo mia, però può essere in affinità con altri.

 

Non ho scelto l’anarchia perché intorno a me c’erano altri anarchici (anzi, non c’erano proprio), né perché ho letto dei libri e mi sono identificata con essi. Nelle idee anarchiche e nichiliste ho semplicemente trovato delle affinità. E adesso, dopo tanti anni, l’anarchia, anche se è solo una parola, per me non è un mera “etichetta”, ma il risultato delle mie idee, posizioni, esperienze, pensieri verso la società, il sistema, il mondo intero. Potrei chiamarla “xyz”, ma penso che non cambierebbe molto. Non seguo i “compagni” e i testi “sacri” dell’anarchismo, non credo nelle rivoluzioni e nella “grande causa”, e non voglio salvare nessuno e niente (né gli uomini né gli animali né la natura). Si tratta di un tentativo di liberazione personale. Penso che questo intero pianeta, in verità, è insignificante, futile, come la vita umana. Nella mia concezione del mio mondo il concetto dell’“insignificante” e del “significativo” si intrecciano. Da una parte guardo alla vita e a tutto quello che mi circonda come qualcosa di molto insignificante in confronto a quello che chiamiamo Universo, qualunque cosa sia, il nulla o la vita. Ma, dall’altra parte, la mia vita è nello stesso tempo la cosa più significativa che possiedo, nella sua insignificanza, ed è lei la mia causa (“io stesso sono la mia causa”). Una contraddizione?

 

Perché se non utilizzo la mia mente, i miei occhi, la mia esperienza per dare un significato alla mia vita, e al suo contesto, affogherei nel determinismo, nei valori astratti di un’ideologia, costruita con gli occhi degli altri. Non sento il bisogno di convincere qualcuno in qualcosa, ma contemporaneamente non voglio neanche essere convinta. Mi piace solo dire quello che penso. Non mi interessano i curriculum vitae rivoluzionari o essere/rimanere un nome importante negli ambienti anarchici, si tratta solo di un ennesimo tipo di ruoli. Non mi sento più debole perché non faccio parte di un gruppo, perché sono sola. Certe volte sento la solitudine, ovvio (ma chi, se è sincero con sé stesso, non la sente?), ma il gruppo certamente né la eliminerebbe né mi darebbe la forza necessaria per affrontare la vita. Perché, se nel gruppo (come di solito succede) devo mettere a silenzio una parte di me, se dove concordare con cose che non mi riflettono, mi sentirei ancora più sola, più debole, perché perderei me stessa.

 

Penso che l’anarchia sia (o almeno sarebbe bello che fosse) qualcosa di unico, individuale, altrimenti esiste il pericolo che si trasformi in un’ideologia da seguire, costruita da altri, come tante. L’anarchia, come le altre parole in un mondo pieno di parole, può essere tutto, e può essere niente. Si tratta di individui.

 

Asserire che una cellula composta da due-tre individui (non membri, perché nella mia concezione “membro” è colui che appartiene a qualcosa) o di uno solo vale meno di quella composta da, esempio, dieci persone, secondo me lo può affermare solo chi è abituato a pensare in forma di gruppo, cioè di cellula come struttura fissa nel tempo che si muove in blocco, identificandosi con essa, e non la concepisce come un incontro di affinità che tende, in quel momento, verso la stessa meta, e una volta raggiunta si discioglie per intrecciarsi con un’altra, o forse la stessa affinità, senza preconcetti deterministici. Dato che ognuno ha mantenuto la propria identità di persona, e non di concetto.

 

Qui non sto parlando di scadenze fisse (forse chi parla in questi termini non riesce ad uscire dalle cornici del “fisso”), ma neanche di durate a tempo indeterminato. Sto parlando di sperimentazioni individuali, di condizioni e circostanze sempre diverse alle quali approcciarsi in modo informale anche per cogliere meglio le loro sfumature. Non si tratta di rapporti creati ad occasione, a tavolino per la realizzazione di un progetto (di qualsiasi tipo). Chi concepisce i rapporti in modo diverso da questo, secondo me, si esprime da un punto di vista dell’organizzazione politica, e non da liberi e spontanei incontri tra compagni affini. Penso che come anarchici non siamo in cerca di proseliti e reclute, che dovrebbero sottoporsi ad un’ordalia prima di diventare membri di una società segreta (molto ottocentesco, devo dire), ma che stiamo costruendo delle relazioni libere in un mondo di spazio normato, e spontanee perché scaturite da menti libere e affini, che poi sfociano nei progetti altrettanto liberi (non idolatrati).

 

Qualche esempio concreto, non mi pare che al povero Lucheni gli sia servita il tipo di struttura proposta per accoltellare la monarca, o per non andare tanto lontano, al “Nucleo Olga” per gambizzare Adinolfi.

 

Ma dato che il concetto del “prigioniero politico” è ormai diventato usuale negli ambienti anarchici (nonostante i tentativi di aprire un dibattito su questo argomento), nulla di strano che da questo amalgama emergono delle politiche, o viceversa. In che modo, mi chiedo io, può un anarchico sentirsi a proprio agio in un concetto (politico) che condivide con i comunisti? Forse perché anche il primo si occupa più di politica, che della distruzione di concetti morali/politici che ci vengono inculcati. Comprendo benissimo quanto sia difficile a individuarli e a liberarsene, ma se ce li portiamo dietro, come un’eredità, cosa ci spinge ad agire contro questo sistema che li ri-produce? Se qualcuno vuole rispondere “per il solo piacere dell’attacco”, posso solo ripetere che non mi interessa l’azione in sé, ma la sua forza motrice, che crea l’azione, il famoso binomio “teoria&azione”. Non penso che gli anarchici hanno l’esclusiva nell’uso di questo piacere. Infatti, perché il concetto di “prigioniero politico” ha il privilegio di riferirsi solo agli anarchici e comunisti? Perché non lo estendiamo anche agli islamisti, fasci, nazi ecc.? Anche loro sono perseguitati e detenuti per le loro idee. Per quale motivo dovrei sostenere uno slogan “libertà per tutti i prigionieri politici” e non per tutti i detenuti in generale? Forse perché qualche anarchico sente delle affinità anche con i comunisti? Chi è interessato alla politica, di sicuro. Come dice il detto “Dimmi con chi vai, e ti dirò chi sei”.

 

E in base alla mia esperienza, e a quella storico-politica, non eiste un divario tra il fascismo e il comunismo. Almeno da un punto di vista anarco-nichilista.

 

Qualcuno dirà che sto cercando di paragonare gli anarchici ai fasci (non sarebbe la prima volta). Cosa posso aspettarmi adesso, che la folla dei fedeli a qualche gruppo o ideologia mi lapidi sulla pubblica piazza (o meglio dire sito web), che venga “crocifissa” sulla “A” cerchiata perché ho profanato il Sacro? Che venga scomunicata dal “Movimento”? Tanto a me di queste cose non me ne può fregare di meno perché non faccio parte di nessun gruppo, di nessun movimento.

 

Quello che voglio dire (chi riesce o vuole capirlo) è che non valuto una persona in base ai ruoli che la società/il sistema le ha etichettato (come un codice a barre) per riprodurre le dinamiche a lei utili per riprodursi, es. islamista, terrorista, immigrato (tanto a cuore ai servizi sociali anarchici, basta che arrivino dall’Africa o dall’Asia, come se sul continente europeo non ci fossero frontiere, come anche all’interno della stessa EU, ma di queste certi se ne accorgono solo quando c’è da calarsi nel ruolo dell’occidentale civilizzato che aiuta il “buon selvaggio”, preferibilmente scuretto), o che da sola in essi si è calata, classificandosi, non riuscendo a scrollarsi da dosso le costruzioni ideologiche/morali che nutrono la macchina sociale/statale/economica. E a questo non sfuggono neanche gli anarchici, con i loro doveri verso l’anarchia. Se dobbiamo iniziare la liberazione distruggendo i propri idoli (come spesso si ripete), allora, in questo dovrebbe essere inclusa, scusate, anche l’anarchia, e di conseguenza gli anarchici stessi e le azioni, adorati in alcuni casi come idoli, che ci portano solo a ricreare gli stessi schemi che diciamo di combattere, e poi li riproduciamo (chi per difficoltà di comprendere, chi per fare parte del branco) nel nostro ambiente, non rendendoci neanche conto quanto ne siamo impregnati. Liberarsene per creare una propria, individuale anarchia, non quella degli anarchici “migliori”, “esperti” e simile, ripetendo gesti ed esperienze altrui, rimanendo alienati da sé stessi, in un mondo già alienato.

 

Valuto una persona non dall’aggettivo, ma dai suoi sforzi di “liberare” la mente, di svuotarla dai significati che i vari settori della società/sistema ci infondono in modo che possiamo materializzarli, contribuendo alla loro conservazione. E’ inutile ripetere lo slogan “distruggiamo il carcere dentro di noi” se pensiamo che basti un odio verso le istituzioni tangibili del sistema e poi ci esprimiamo (quindi anche pensiamo) nello stesso, o simile, linguaggio istituzionalizzato, che ci porta a incarnarlo nei nostri rapporti.

 

Ho sempre pensato che con l’anarchia si esprime il sommo punto di liberazione individuale (non solo dall’esterno), mentale, che in quanto tale, a mente liberata, può distruggere sia i significati imposti, che le emanazioni di questi significati, creando, cercando di partire dal nulla (o da quello che più si avvicina a seconda delle nostre capacità), valori ed esperienze proprie.

 

C’è chi, invece, preferisce muoversi sui sentieri battuti dagli altri senza rischiare di inciampare nel caos o cadere nell’abisso del nulla, aggrappandosi alla sicurezza morale anarchica pur di dare un ruolo alla propria vita, come la religione sacra o laica insegna.

 

“La politica e l’ideologia mostrano il loro vero volto solamente quando le osservi dall’esterno. Quando non ti preoccupi dei “compagni”. Gli anarchici nichilisti utilizzano l’anarchia, e non viceversa. Quello che la politica crea è il veicolo per una ben nascosta propaganda ideologica e per la perpetuazione di un dogmatico programma altrui. Dopo la morte di Dio, il coinvolgimento politico, i movimenti e i programmi ideologici sono diventati la nuova religione, per non scartare l’obiettività, per mantenere la fede in nuovo Mondo Autentico, per sentire il sé significativo davanti agli occhi dell’Esistenza (…)”, “Prologue”, Paroxysm of Chaos #2

 

anarhija.info (ottobre 2016)

 

 

Comunicato di Alfredo sull’operazione Scripta Manent

Valentina, Danilo, Anna, Marco, Sandro, Daniele, Nicola. Amici, fratelli, sorelle, compagni compagne sono stati arrestati e riarrestati. Dovrei propinare la solita solfa sull’ennesima montatura. Invece voglio parlare del perché sono stati arrestati. Perché fratelli e sorelle hanno colpito, si sono stufati di aspettare, hanno ignorato le decisioni della maggioranza e sono passati all’azione. Rimango comunque ottimista e di buon umore perché la logica dell’ (1+1=2) mi dice che i compagni-e che hanno colpito sono ancora in libertà quindi in grado di colpire di nuovo. Il potere non reprime a caso. Oggi vuole isolare e annientare una parte del movimento anarchico che per quanto “esigua” è riuscita a spezzare le catene che la legavano alla vecchia “anarchia sociale”. Un anarchismo sociale che ricerca in maniera suicida e compulsiva il “consenso a tutti i costi” annacquando di continuo le proprie istanze. Al potere fa comodo questa visione che non va “mai oltre” al contrario teme quegli anarchici che non si fanno legare le mani dal “consenso” perché convinti che solo dall’azione (non dalle teorie astratte o dalla ricerca-inseguimento del “popolo”) nasca la strategia, la strada da percorrere.

Non voglio entrare nel merito delle “accuse” e delle cosiddette “prove”. L’unica cosa che mi sento di dire è che i fratelli e le sorelle della FAI-FRI hanno sempre rivendicato a testa alta davanti ai porci togati i propri meriti, le proprie responsabilità, sputando loro in faccia, come facemmo noi a Genova. La mia priorità assoluta non è di uscire a tutti i costi dal carcere ma di uscirne a testa alta senza aver rinnegato niente di quello che sono stato, e che sono. Uscirò con le buone o con le cattive, quello dipenderà dalla mia forza, dalle mie capacità, dalla forza dei miei fratelli e sorelle fuori ma sicuramente ne uscirò a testa alta.

La mia complicità ideale va ai fratelli e sorelle della “Cooperativa artigiana fuoco e affini” FAI, ai fratelli e sorelle della FAI-RAT (Rivolta anonima e tremenda) e ai miei fratelli e sorelle della Narodnaja Volja-FAI chiunque siano, ovunque siano. La mia complicità ideale va all’anarchismo d’azione che in forme nuove sta risorgendo in mezzo mondo dopo un lungo letargo.

AVANTI SENZA PAURA

IL FUTURO E’ NOSTRO

PENSIERO E DINAMITE

Alfredo Cospito

 

PER SCRIVERE AD ALFREDO

Alfredo Cospito, via Arginone 327

cap 44122 Ferrara (FE)

Agli anarchici. Appello alla solidarietà rivoluzionaria di Alfredo Cospito

AGLI ANARCHICI-E

Appello alla solidarietà rivoluzionaria

Il neo-inquisitore della procura torinese Roberto Sparagna vuole prendere il posto di Laudi, gioca sulla nostra pelle all’annientamento. Tanto per cominciare contro l’isolamento (restrizione (tortura) impostaci da Sparagna) sciopero della fame ad oltranza senza limiti fino alle estreme conseguenze. Andrò avanti deciso finché non cesserà isolamento.

Roberto Sparagna vuole piegarci recidendo tutti gli affetti, infierendo con la censura e l’isolamento con l’obbiettivo di annullare qualunque barlume di affettività, qualunque possibilità di resistenza.

Nelle prossime settimane mi giocherò la vita.

Non nascondo che il raggiungimento dell’obbiettivo è complicato ma confido sull’odio che provo verso qualunque forma di potere e prevaricazione sulla solidarietà rivoluzionaria dei miei fratelli e sorelle anarchici-e e soprattutto sulla mia volontà. La mia forza è il movimento anarchico multiforme in continua trasformazione. Solo mettendo in gioco, giorno dopo giorno, vita e sicurezze, soltanto sporcandosi le mani con l’azione (qualunque essa sia) si incide nel reale, si fa la differenza.

Lo “sciopero della fame” (dal mio punto di vista impensabile fuori) nella situazione in cui mi trovo non include alcun disprezzo, disperazione o sottovalutazione della mia stessa vita. Vita magnifica e gioiosa la mia, proprio perché messa a rischio, gettata nella mischia della lotta senza calcoli e opportunismi. Attitudine che continuerò ad avere finché avrò anche un solo filo di respiro.

Rompere l’indifferenza, il calcolo politico di un movimento anarchico in Italia troppo spesso immobile, glaciale che si muove compatto solo quando c’è il morto, la vittima innocente.

ROMPERE L’ISOLAMENTO

I RIVOLUZIONARI VANNO LIBERATI

SEMPRE PER L’ANARCHIA

Alfredo Cospito