Un punto di vista. Contributo di Alfredo Cospito al dibattito aperto da CCF-Cellula guerriglia urbana-Fai

Questo contributo di Alfredo Cospito, prigioniero nel carcere di Ferrara, risponde al testo delle CCF-Cellula guerriglia urbana-Fai tradotto e pubblicato anche su questo blog lo scorso marzo (https://thehole.noblogs.org/post/2016/03/10/grecia-testo-della-cospirazione-delle-cellule-di-fuoco-cellula-di-guerriglia-urbana/).

Lo scritto di Alfredo risale ad oltre un mese fa. Nonostante non sia più sottoposto a formale censura della posta, le comunicazioni dal carcere di Ferrara continuano ad essere intermittenti e con forti ritardi a causa dei soliti spioni in divisa.

Fonte: www.autistici.org/cna

Un punto di vista

Un contributo individuale al dibattito aperto dai fratelli e sorelle delle CCF-Cellula guerriglia urbana-Fai

Ho avuto il piacere di leggere, tradotto da “Sin Banderas.Ni fronteras” il vostro scritto in cinque punti e mi è venuta una gran voglia di contribuire al dibattito. Le notizie qui in prigione in Italia sono limitate e sperando che la traduzione dello scritto in spagnolo sia affidabile, cercherò nei limiti del possibile di dire la mia. Premetto quindi che per la posizione in cui mi trovo e per la mia poca conoscenza della situazione in Grecia il mio contributo sarà limitato. Sorvolerò velocemente sull’interessante analisi che fate della situazione del movimento anarchico greco e sulla sua evoluzione storica negli ultimi dieci anni che mi ricorda da vicino(fatte le dovute differenze storiche) la situazione italiana della “ritirata” dopo l’esperienza di lotta armata degli anni 70 (senza, fortunatamente per voi, lo schifoso strascico di pentiti e dissociati) che qui in Italia, tanto per essere ottimisti, fece nascere dalle ceneri del lottarmatismo un anarchismo più vitale ed originale. Sono d’accordo con voi che le parole degli anarchici-e prigionieri non devono essere santificate e prese per verità assolute, sono semplicemente dei contributi teorici alla lotta. Come sono d’accordissimo quando sostenete che bisognerebbe: ”Ricordare le nostre esperienze passate non per imitarle ma per superarle”. Proprio per questo la creazione di un “movimento anarchico autonomo”, di un “polo anarchico autonomo per l’organizzazione della guerriglia urbana anarchica”, di una “federazione anarchica internazionale “ mi sembra un passo indietro. Un ritorno al passato, ai vecchi schemi che rischiano di ricondurre alla classica organizzazione specifica di sintesi, uno strumento vecchio, un bisturi spuntato. Dopo il “Dicembre nero”, splendida campagna d’azione a cui molti gruppi Fai-Fri hanno partecipato, avete sentito il bisogno di proporre un salto di qualità, avete sentito la necessità di un “polo anarchico autonomo” strutturato con i “propri meccanismi politici, senza burocrazia, nostre proprie assemblee senza ficcanaso, nostre proprie organizzazioni senza rango” e lo avete fatto a nome delle CCF-Cellula guerriglia urbana-Fai.
Capisco perfettamente l’entusiasmo ed il bisogno che sentite di rafforzarvi, di diventare sempre più incisivi, di unire le varie correnti anarchiche rivoluzionarie, individualisti, nichilisti, insurrezionalisti, ribelli ma non credo sia quella la strada. E soprattutto che una proposta di questo tipo non dovrebbe provenire da una cellula Fai/Fri. Mi spiego, darsi un’organizzazione strutturata attraverso la creazione di assemblee inesorabilmente porterebbe alla nascita di organizzazioni specifiche snaturando l’informalità dello strumento Fai-Fri, deviando dagli obiettivi che la federazione informale si è data, facendola venir meno alla sua semplice natura di strumento di comunicazione. Una proposta come la vostra rappresenta sicuramente un tentativo generoso, ma in nome della Fai-Fri spingere alla nascita di un polo anarchico autonomo, fare un discorso quantitativo, ideologico di aggregazione di settori del movimento trasformerebbe la federazione informale in un’organizzazione che per sua natura con questi presupposti non potrà che farsi egemonica, impoverendola, rallentandola, alla lunga uccidendola.
Una proposta come la vostra fatta a nome della Fai-Fri dividerebbe piuttosto che unire, indebolirebbe piuttosto che rafforzare. Non mi stancherò mai di ripeterlo, secondo me la federazione informale deve “limitarsi” ad essere semplice strumento di cui anche compagni-e come me, totalmente alieni da qualunque organizzazione, possano far uso, regalandosi la possibilità di rapportarsi con altri singoli o nuclei sparsi per il mondo. La Fai-Fri è un’arma da guerra, più semplice è la sua struttura, più elementari sono le sue dinamiche di funzionamento, più sarà efficiente. Diminuirne la complessità ne aumenta l’efficacia. Come un coltello ben affilato, come una Tokaref ben oliata. Secondo me sono il coordinamento e l’assemblea le due metodologie che bisognerebbe evitare per non trasformare la Fai in una pachidermica, lenta organizzazione strutturata. Due metodologie che rischierebbero di farla diventare un’organizzazione specifica anarchica, nient’altro infondo della solita federazione anarchica impregnata di ideologia, che spiana qualunque dissenso intorno a sé fino a sparire sotto i colpi della repressione. Sia il coordinamento che le assemblee hanno bisogno della conoscenza diretta tra i gruppi ed i singoli. Per coordinarsi i rappresentanti dei vari gruppi devono incontrarsi e darsi delle scadenze temporali o altro per le azioni. Nelle assemblee i singoli individui si conoscono e dicono la loro, creando inevitabilmente leaderismi: chi sa parlare o muoversi meglio, chi ha più tempo da dedicare all’assemblea detta la linea, generando gerarchie e delega. Sia il coordinamento che l’assemblea espongono alla repressione, tutti si conoscono, è come un castello di carte, se cade una cadono tutte. La Fai in maniera molto semplice e naturale attraverso l’esperienza collettiva di decine di gruppi sparsi per il mondo ha sostituito, senza neanche accorgersene, queste due vecchie metodologie con le campagne rivoluzionarie, che non hanno bisogno di scadenze o conoscenza reciproca, parlano solo le azioni. Non c’è bisogno di coordinamento quando basta comunicare l’inizio di una campagna attraverso le rivendicazioni, scritti che seguono le azioni e che aprono dibattiti tra le differenti tensioni (insurrezionalisti ,individualisti, nichilisti, anarchici sociali e antisociali) creando percorsi nuovi mai caratterizzati dall’uniformità, dall’ideologia, dalla politica. Per quanto riguarda l’assemblea, questa è un modo di politicizzare , ideologizzare dei rapporti semplici e naturali di affinità, amicizia, amore , sorellanza, fratellanza che ogni gruppo Fai-fri tiene di per sé e che riguardano solo la propria vita più intima e che solo nel momento dell’azione si intrecciano con l’esistenza della federazione informale.
Rapporti che riguardano solo il singolo ed il suo gruppo e che non possono esser imprigionati in uno strumento politico come l’assemblea.
Non essendoci contatti diretti tra i gruppi, se si venissero comunque a creare dei meccanismi autoritari rimarrebbero per forza maggiore limitati a quel singolo gruppo, non impestando tutto l’organismo.
Detto questo so bene che chi vuol fare la rivoluzione deve necessariamente rapportarsi con assemblee e coordinamenti, anche perché la rivoluzione si fa con gli sfruttati, con gli esclusi ,con il cosiddetto “movimento reale” .
L’informalità della Fai-fri per un obiettivo” politico” di tale portata è inadeguata. La federazione informale segue un suo percorso di guerra che nei limiti delle sue forze vuole solo distruggere e niente costruire. Un percorso imprevedibile, mai ideologico, mai politico, mai costruttivo che a volte si interseca con quello del “movimento reale”. Due percorsi con obiettivi ben distinti il primo il movimento anarchico ,combattivo, violento, rivoluzionario con le sue assemblee ed organizzazioni specifiche e non il secondo la Fai-fri uno strumento semplice, elementare, basico, informale per fare la guerra, colpire per poi sparire, comunicare senza mai apparire. Bisogna tenere ben distinti i tuoi percorsi che insieme si annullerebbero a vicenda.
Soprattutto una cosa deve essere chiara , si fa parte della Fai -fri solo nel momento dell’azione, poi ognuno ritorna alla propria vita di anarchico, nichilista, individualista, ai propri progetti alla propria prospettiva di ribelle o rivoluzionario con tutto il suo corollario di assemblee, coordinamenti, nuclei di affinità, occupazioni, comuni ,lotte sul territorio , e chi più ne ha più ne metta.
La Fai-fri(così almeno la intendo io) non è un partito, né un movimento né tanto meno un’organizzazione, ma un mezzo per rafforzare e potenziare i singoli gruppi di affinità o singoli individui d’azione attraverso campagne internazionali che uniscono le nostre forze senza coordinamenti, senza cedere preziosa libertà. Un mezzo di cui può avvalersi qualunque anarchico che aspiri alla distruzione qui ed ora. Non è uno strumento perfetto, molte cose si possono migliorare ad iniziare dalle campagne internazionali che, secondo me, non sono mai state sfruttate a pieno. Immaginate di concentrare le forze su obiettivi di uno stesso genere , di portata internazionale. Cosa c’è di più internazionale e nocivo delle multinazionali, dell’industria tecnologica, della scienza…se le campagne sono generiche vanno secondo me a perdere forza e significato se ci si limita ad un fatto di mera testimonianza di generica solidarietà non si sfruttano a pieno le reali capacità di uno strumento che potrebbe (in quel caso sì ) far fare un enorme salto di qualità.
La prima generazione delle CCF ha avuto un gran merito, certi discorsi che prima erano stati fatti solo teoricamente, attraverso la loro forza e coerenza si sono concretizzati, hanno preso vita nelle campagne internazionali. Un discorso antico, che agli inizi degli anni 60 le federazioni giovanili anarchiche europee avevano messo in pratica e che sembrava appartenere ad un passato ormai lontano, oggi ha ripreso vita grazie al coraggio ed alla fantasia di fratelli e sorelle rinchiusi da anni nelle carceri greche ma, mai arresi .Un discorso attualissimo che, attraverso l’informalità, è rinato ed è più forte che mai.
Alfredo Cospito

Nikos Romanòs ricorda Alèxandros Grigoròpoulos #BlackDecember

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Ciò di cui parlerò oggi deve essere considerato una testimonianza appassionata nella memoria rivoluzionaria. La testimonianza appassionata di un evento che per me è stato l’innesco dell’attacco armato ai presidi del potere. Un evento che ha contribuito in modo decisivo alla costruzione di punto di non ritorno per coloro che hanno imbracciato le armi e hanno riempito le loro valigie di sogni e speranze per un mondo di libertà; in una valigia del genere ho messo anche io il mio odio, insieme a qualche vestito e a qualche ricordo, per andarmene definitivamente da casa mia, il giorno prima che la polizia vi facesse irruzione per portarmi via ammanettato a testimoniare al tribunale degli sbirri-assassini. Ho tagliato i ponti con la mia vita passata e sono entrato nelle file della lotta anarchica illegale. Anche se avevo solo 16 anni, ero ben cosciente delle mie azioni e sapevo che, anche se la mia caratura morale era molto più alta di quei ridicoli omuncoli che si trovavano in quell’aula, non era ancora il momento per dire tutto ciò che c’era da dire, non era il momento giusto, e io non ero davvero coscientemente pronto ad assumermi questo peso storico. Per questo ho preferito stare zitto e dedicarmi alla guerra al potere, la stessa guerra che, sette anni dopo, mi trova ancora allo stesso posto di battaglia, come prigioniero. Un peso storico che ho rifuggito momentaneamente, ma che non ho mai eluso e che ora mi assumerò.

Greece: Incendiary attack by Alexandros Grigoropoulos Cell/FAI in Athens

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In the fiery craters of our inner volcanoes, made with the lava of emotion and the fire of passion, we’ve fed our lust for life… And to Society that wanted to impose its laws and its morals on us, we will firmly respond with our “no,” while all others repeat their cowardly “yes.”

(Enzo Martucci)

 

In the early hours of Friday December 4th [in Lycabettus area in Athens], we approached the house of the high priest of corruption, and former Minister of PASOK party, Kostas Laliotis and placed incendiary devices at his home entrance and his car.

As has rightly been said, the responsibilities of those who have served in administration centres of the capitalist machine can neither be forgotten nor retire.

Kostas Laliotis has been one of the most corrupt politicians following themetapolitefsi [transitional period after the fall of the Greek military junta]; his name and trajectory are linked to greed, deception, scheming, interwoven interests and arrogance, all of which are basic and integral characteristics of puppets staffing the political personnel of capitalist domination.

Maggots like Kostas Laliotis and his likes should be beaten or shot; they should see their houses burn, and live their miserable and crappy life in fear.

The fires of anarchist insurgency that lit at the house of a powerful former state official of the establishment was a contribution to the call for a Black December, which is spreading inside and outside the prisons all over the world, creating a multifaceted insurrectionary anarchist front that, having informal coordination, the acceptance of multiformity and the lasting anarchist insurgency as tools, crystallises the prospect of a generalised anarchist offensive against the world of Power.

Our captive comrades Nikos Romanos and Panagiotis Argirou have put an idea on the table of anarchist dialectics. They have proposed an idea relating to a theme any of us could set at the edge of a month of coordinated actions – actions originating from the entire spectrum of anarchist practices, from public gestures to guerrilla actions.

It is a proposal that opted to set the seven years since the assassination of comrade Alexandros Grigoropoulos as a theme, so as to test an experimentation of an informal coordination of multiform anarchist action in practice.

Those who have the appropriate analytical tools understand that it is a proposal concerning any anarchist individuality or collectivity that’s not clinging to theoretical patterns or immersed in apathy and reformism.

This is also why the kneelers of petty politics and professional search of disagreements do not lose the opportunity to shoot the arrows of their slanderous criticism once again.

But, as much as the “official” anarchist circles of cafes and gossip want to engage in mudsling and slander, they cannot hide their discontent with the fact that the apathy which permanently pervades them is revealed in the clearest way.

Now, leaving aside those skilled in political speculation, let us talk about the essence of this proposal.

We believe anarchy must pose a real threat to the State, and to do this, anarchy needs to stay away from vanguards, leaderships, press offices, away from logics of political cleansing and expulsions.

Informal organising doesn’t need to arise from agreements in charters and proclaimed positions one has to embrace. In our anarchy, every individual and every group can contribute to a theme, a campaign, a strategy by synchronising and coordinating their action, irrespective of whether they share common political backgrounds.

To evolve spontaneity, which often prevails in the anarchist milieu, does not mean anarchy has to turn into a party; all that is needed for the feasibility of a formulation of strategies and actions chosen to be put in motion is a will to act and communicate with other comrades.

For we love the kind of anarchy that travels through the streets of fire, occupies space and time in the metropolises, and creates strongholds for the diffusion of anarchist theory and practice. The kind of anarchy that blows up the pillars of normality, robs our lost time, and throws the morals of this world into fire.

This kind of anarchy does not fit in the hypocritical respectabilities of this society, nor does it make concessions on its discourse or practices to be pleasing to the social majority.

Surely there’s so much to say, but what comes first is intensifying our attacks, thickening the chaotic paths of liberatory struggle.

We will be back soon

Guerrilla signals to the FAI cells who have actively supported Black December in Greece, Chile, Spain, and those currently preparing their attacks; to the comrades of the Anarchist Insurgent Movement (M.I.A.) from Brazil; to all arsonists and rioters who set fire to the symbols of domination.

Strength and solidarity to all anarchist comrades inside and outside the prisons who support Black December with texts, translations, posters, flyers, graffiti and banners that complete the mosaic of multiform anarchist action.

A hug full of affection to our brothers and sisters who are locked up in prisons in Spain, Chile, Switzerland, Italy, Mexico, Germany, the US, and elsewhere; to Mónica Caballero, Francisco Solar, Marco Camenisch, Alfredo Cospito and Nicola Gai, Juan Aliste, Freddy Fuentevilla and Marcelo Villarroel, Juan Flores, Guillermo Durán, Nataly Casanova, Enrique Guzmán, Thomas Meyer-Falk, Ignacio Muñoz, Tamara Sol, Michael Kimble, and all other captive comrades whom we have unwittingly forgotten to mention.

For a Black December

For the upsurge of anarchist insurgency

Freedom for those in prison cells

Alexandros Grigoropoulos Cell/Informal Anarchist Federation (FAI-IRF)

Source: Contra Info

translated by Black International

 

Greece: Incendiary attack by Sebastián Oversluij Cell/FAI in Athens

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Within the context of the call for a Black December action campaign, we organised and carried out a deed of direct action.

We reached the outside of a cop’s house in the district of Zografou, who’s a serving special guard at the Golden Dawn offices, and we set fire to his personal vehicle.

Such actions can easily be diffused and reproduced by comrades, and also contribute to creating a climate of fear and insecurity among the cowardly servants of legal order.

We don’t wait until repression comes knocking on our door; we locate the houses of uniformed bastards within the metropolis, and pay them a visit so as to attack them by all means.

Strength and solidarity to all our comrades around the world who intensify the Black December campaign with their actions, making informal coordination of multiform anarchist action a reality.

We organise anarchist cells of direct action!

For the anarchist offensive against the world of Power!

For a Black December!

Solidarity with anarchist prisoners and all comrades wanted by authorities!

With our dead brothers and sisters present in every moment of attack against domination!

Sebastián Oversluij Cell/Informal Anarchist Federation (FAI-IRF)

Source:  en.contrainfo.espiv.net

translated by Panagiotis Argirou, CCF member imprisoned in Greece

 

ATENE:La CELLULA “MILITANT ANARCHY” rivendica attacco incendiario a Ufficio Postale

 

Ci assumiamo la responsabilità per l’attacco incendiario [del 23 novembre] contro pefkil’agenzia delle Poste greche (ELTA) nel quartiere di Pefki. Abbiamo scelto quell’ufficio postale in particolare per mandare un messaggio simbolico di solidarietà con i prigionieri anarchici che in questo momento affrontano un processo alla corte speciale della prigione di Koridallos per una serie di casi di violenza anarchica, tra cui l’espropriazione della suddetta agenzia che abbiamo incendiato in attesa della decisione della corte.

Quest’attacco è la nostra risposta all’appello per un “Dicembre Nero” che hanno lanciato dalla prigione i nostri fratelli prigionieri Nikos Romanos e Panagiotis Argirou.

La logica politica di questa proposta, che appoggiamo nella sua totalità, è una scommessa aperta per rilanciare l’insurrezione anarchica, come anche un tentativo di creare una piattaforma informale che sia il punto invisibile di incontro e coordinazione di compagn* di tutte le trincee della lotta anarchica multiforme.

Non c’è molto da dire, adesso è l’ora dell’azione, della lotta multiforme, continua e incessante.

Forza e complicità con chi incendia la pace sociale e sabota la normalità sociale in Brasile, Cile e Messico, diffondendo il Dicembre Nero in tutto il mondo.

Forza e complicità con tutt* quell* che prendono le strade cercando di devastare le rappresentazioni della dominazione, lanciare pietre agli sbirri e bruciare i simboli del Potere.

Forza e complicità con tutt* i/le prigionier* anarchic* in ogni angolo del mondo.

Solidarietà significa attacco!

Per un Dicembre Nero!

Per l’offensiva anarchica contro il mondo del Potere!

Anarchia Combattiva / Federazione Anarchica Informale (FAI-FRI)