Continuano gli interventi di compagni e fratelli che attraverso i loro scritti ci propongono spunti di riflessione e di approfondimento su tematiche che ci interessano e ci coinvolgono da vicino.

revolution

“Le idee non possono mai portare oltre la vecchia situazione del mondo. In generale le idee non possono attuare niente. Per l’attuazione delle idee c’è bisogno degli uomini i quali impiegano una forza pratica”

 

 

Approfitto dello spazio di discussione concesso da questo blog per suggerire alcuni possibili spunti di riflessione in ottica rivoluzionaria, muovendo da una considerazione di fondo la quale rappresenterà in futuro la traccia per i miei ulteriori interventi:

La sovversione politica e sociale e la rivoluzione sono – contrariamente a quanto possa apparire alle nostre teste occidentali abbrutite da una visione localistica ed eurocentrica – questioni più che mai all’ordine del giorno in una società globale dominata dal Capitale e dalle contraddizioni che esso genera. Contraddizioni le quali producono automaticamente le condizioni oggettive per un rilancio dell’iniziativa rivoluzionaria, ma che ovviamente nulla possono contro l’inerzia delle soggettività sclerotizzate intorno a schemi novecenteschi ed in non rari casi residualmente ancorate ad infelici esperienze di governo “socialista” (di un socialismo che non si occupava della questione relativa alla proprietà dei mezzi di produzione e che dunque socialismo non era, per quanto in buona fede e con onorevole coraggio milioni di uomini e donne siano morti nel suo nome).

Se da un lato appare chiaro a chi intenda ragionare con la propria testa che il passato non ritorna (vivaddio! Potremmo sarcasticamente commentare), dall’altro lato è pur vero che l’accumulo di esperienze antagoniste espresso contraddittoriamente e non linearmente negli ultimi cinquant’anni non dev’essere il bambino che si butta assieme all’acqua sporca nel famoso detto popolare. Il dogmatismo dominante nel campo marxista (con pericolose incursioni nel campo anarchico) ha spesso letto la concezione della rivoluzione come “necessità storica” in un’ottica messianica e determinista. Nulla di più sbagliato: se la rivoluzione è un fiore che non muore, l’acqua che la fa germogliare non cade dal cielo, ma è dosata e raccolta dall’uomo, dalla soggettività, dalla prassi cosciente. Senza la quale, in barba a vecchi e nuovi profeti armati (ma soprattutto disarmati) il fiore rinsecchisce, perde di colore ed intensità, viene calpestato e dimenticato.

Non c’è dunque la rivoluzione come prospettiva inevitabile, di fronte al futuro di chi verrà dopo di noi. Ma, come ben possiamo constatare nel grigiore delle metropoli che popoliamo, un baratro entro il quale sguazzano pulsioni xenofobe, particolaristiche, borghesi. La cosiddetta “mobilitazione reazionaria delle masse” è nei fatti. E se i fatti contano molto più che i detti, non ci sono parole possibili che smentiscano quanto si palesa con evidenza inconfutabile sotto i nostri occhi e sopra i nostri piedi.

Primato della prassi, dunque,  intesa come prassi rivoluzionaria, autonoma (da ogni influenza del campo avverso, sul piano culturale oltreché su quello politico e – vien da sé – economico), irriducibile. Irriducibile ad una visione machiettistica dello scontro. Scontro che vive e si alimenta, come detto, della propria dimensione reale, fattuale. Nell’era dei social network e della trasmissione di forme epidermiche di “conoscenza”, la lotta rivoluzionaria trova nei morbidi cuscini della virtualità un agile refugium di fraseologie e ridondanze, di onanismi intellettuali, di solidarietà passive.

Lo scontro è carne e sangue, è nel riconoscimento dell’esistenza di un nemico che permea di sé i rapporti sociali che noi stessi talvolta inconsapevolmente consolidiamo. Lo scontro è nel riconoscimento dell’esistenza della controrivoluzione preventiva come caratteristica strutturale della borghesia imperialista. Lo scontro è nella predisposizione alla sconfitta, da pagarsi in termini anche penali. E’ nel riconoscimento della rottura rivoluzionaria come sola prospettiva di liberazione.

Rompere gli schermi della virtualità, riconoscere la necessità dell’organizzazione degli sfruttati sul terreno della prassi, contro ogni dogmatismo e rigidità. Verso una società libera e comunista.

 

Roberto, militante rivoluzionario senza partito.