Diffondiamo la notizia di una richiesta di sorveglianza speciale nei confronti di un compagno anarchico, per la durata massima di legge, con obbligo di soggiorno in un piccolo comune nell’hinterland spoletino, con il rientro notturno e le firme. La richiesta, notificata solo oggi (6 aprile) con lo scopo evidente di ostacolare la difesa e le iniziative di solidarietà, verrà discussa il prossimo 18 aprile al tribunale di Perugia.
Si tratta di una misura di prevenzione, quella della sorveglianza speciale, ormai rodata nella repressione contro l’anarchismo rivoluzionario. La novità di questo procedimento è che esso prende spunto questa volta non da un’informativa dei soliti ROS o DIGOS, ma da una nota del Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza del febbraio 2021. Si tratterebbe, a leggere le scartoffie, di un’attività di indagine «nell’ambito dell’ordinaria pianificazione operativa annuale» previsto dal codice antimafia del 2015 e ormai esteso anche al cosiddetto antiterrorismo.
Sebbene a conclusione della nota della Finanza si affermi che «non emergono situazioni di incoerenza finanziaria», la procura di Perugia recupera in maniera pretestuosa questo documento per dedurne, assieme ai precedenti di polizia, giudiziari e carichi pendenti, nonché dalla conclamata refrattarietà all’obbedienza delle norme emergenziali anti-Covid, il profilo di pericolosità sociale del compagno e quindi la richiesta di misura di prevenzione personale.
A questa nota la dottoressa Comodi aggiunge un’autocitazione, facendo riferimento alle accuse originariamente mosse nell’ambito dell’indagine Sibilla, per cui erano stati richiesti otto arresti, successivamente ridimensionati in sei misure cautelari, tra i quali gli arresti domiciliari per il compagno in questione – misure poi revocate per ben due volte, l’ultima recentemente lo scorso 14 marzo. Come d’uopo in queste circostanze, le accuse sconfessate in sede giudiziaria vengono esposte come «gravi e attuali indizi di pericolosità sociale». Stavolta l’onestissimo pubblico ministero arriva però a mentire, affermando che il GIP avesse in origine sposato integralmente le sue richieste.
Il fatto che questa volta non siano stati i soliti incappucciati di ROS e DIGOS a raccattare indizi incriminanti, lo dobbiamo probabilmente alla volontà di non ingenerare un sospetto di conflitto di interessi nei confronti di coloro che, nell’arco di oltre 15 anni, hanno portato avanti le attenzioni poliziesche nei confronti del compagno, anche collezionando non poche figure di merda. Resta nondimeno disgustoso che un nostro compagno che nella vita fa l’operaio, che sopravvive con un reddito da proletario, sia soggetto delle attenzioni delle famigerate fiamme gialle, i cui compiti millantati risiederebbero nello scovare le malefatte finanziarie dei capitalisti.
Non ci facciamo però ingannare dai giochi di prestigio. Questa richiesta viene fatta proprio dal PM Manuela Comodi, specialista delle inchieste anti-anarchiche, recuperando un accertamento dall’esito negativo di due addietro e avviene nel momento più drammatico della lotta aperta da Alfredo Cospito con il suo sciopero della fame. Si pone evidentemente nel solco delle iniziative di controinsurrezione tese a togliere i compagni dalle strade.
In questi tempi di guerra e di repressione, su questo come su altri fronti non accettiamo il monito dello Stato.
Umbria, 6 aprile 202