“La  strada senza via d’uscita  è la morte non la vita.

Canta che non è finita”

Anonimo

 

 

Io non mi illumino d’immenso.

 

Io non parlo al singolare, concepisco solo il plurale.

 

Noi per cui non ci illuminiamo d’immenso.

 

Non ci interessa.

 

Per noi fondamentale è altro. Per noi tutto ha inizio da un semplice presupposto:

 

nessuno è libero finché non sono liberi tutti.

 

Nessuno è, nessuno sussiste, se considera solo sé stesso.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo di immenso.

 

Perché di illuminare noi stessi non ci interessa.

 

I verbi riflessivi non ci rappresentano.

 

I nostri verbi sono diretti, le nostre azioni pure.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo di immenso.

 

Perché illuminare sa di artefatto.

 

Si illumina una stanza, una strada, una cella, anzi nemmeno.

 

A noi piace la luce naturale, e il buio che la segue.

 

Il buio che incute timore. Come i nomi che a avete creato voi per noi, come  il nostro colore. Che etimologicamente nemmeno lo è un colore.

 

È l’assenza di luce. Non necessita di nulla per esser definito. È.

 

Come lo siamo noi. Non cerchiamo definizioni per noi stessi. Le date voi, le danno loro.

 

Voi definiteci, come credete. A noi i nomi non servono, non ne abbiamo uno. Sprecate voi il tempo a catalogarci, noi nel frattempo siamo. E basta.

 

Voi non ci conoscete, ma ci classificate.

 

Loro non ci conoscono, ma stigmatizzano.

 

Noi intanto non solo siamo, ma senza nome lottiamo, in nome di tutti, per tutti.

 

 

Noi non ci alluminiano d’immenso.

 

Non ci appartiene la ribalta, non pratichiamo i palcoscenici, non vogliamo rilucere, non ci servono i riflettori.

 

Alla fine, come è scritto su diversi muri, è tutto loro quello che luccica.

 

E a noi di luccicare non interessa. Noi non apparteniamo a loro. Noi apparteniamo solo a noi stessi. Per noi solo una sola cosa conta la libertà, per tutti.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo d’immenso.

 

Siamo vecchio stile, siamo retrò, noi la luce la creiamo, la facciamo nascere.

 

Non ci servono né tungsteno, né interruttori, né led, né la corrente. A meno che non sia d’aria. E bella forte.

 

Noi siamo semplici, ci basta una fiamma per vedere, per vederci, per farvi vedere, così da farvi strada.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo d’immenso.

 

Noi, citandovi, siamo così controversi che ci accontentiamo di una fiamma e del vento.

 

Non fate però l’errore di pensare che il vento la spenga, come tanti pensano e diversi vorrebbero, il vento la alimenta, porta ossigeno, nuova forza. La tiene viva. In ogni caso ricordate: se si spegne una fiamma al buio si torna. E, si sa, il buio è nostro.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo d’immenso.

 

Anche se restiamo al buio non ci perdiamo, non abbiamo paura.

 

La nostra fiamma, no, non si spegne, ma anche se così fosse, ricordate, noi amiamo, conosciamo il buio. Non ci spaventa. Come potrebbe spaventarci la notte? Siamo neri, come lei.

 

 

 

Noi non c’illuminiamo d’immenso.

 

Noi nemmeno proviamo a fermare il vento, sempre un muro insegna, che gli faremo solo perdere tempo.

 

Noi non solo leggiamo, ma scriviamo anche sulle mura delle città. Non per dirvi che ci siamo, scriviamo per voi tutti, perché non parliamo, non rilasciamo dichiarazioni. Crediamo in quello che facciamo. Siamo quello che facciamo. Non ci interessa dare spiegazioni in merito.Va fatto. E’ insito in noi, è nella nostra indole. Una mamma quando nutre un figlio deve dichiararlo? Deve spiegare le sue motivazioni? Rilasciare dichiarazioni? No. Lo fa perché è giusto farlo, lo fa per amore, perché è dare e mantenere una vita, è naturale volere, dare senza avere. Lo stesso motivo che ci anima, che ci mantiene vivi. Le stesse motivazioni. Crediamo in tutto quello che facciamo, lo facciamo perché va fatto, nonostante corriamo rischi gravosi, subiamo condanne ineguagliabili. Noi continuiamo. Perché va fatto, perché è giusto farlo. Lo facciamo per amore, è naturale volere necessaria esigenza in quanto meritiamo non la vita, ma una vita libera, dignitosa, perché essa è nostra e abbiamo il diritto di decidere noi come viverla.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo d’immenso.

 

Noi i nostri pensieri ve li lasciamo, ve li regaliamo, ma forse siete proprio voi che non volete capirli, o semplicemente che trovate più agevole travisarli. O forse, essendo questi scritti su muri e vetrine, per vostra scelta non volete vederli. Una volta era condannabile il significato di una frase, ora, al contrario, viene immolata a priori, in base al è il luogo dove viene stilata, senza esser degna non di lettura, ma di comprensione. Due concetti fondamentalmente differenti. Ma noi scriviamo comunque, in bella vista, perché purtroppo, ora come ora forse i muri sono l’unica cosa che viene letta, i libri non più. Ricordate, leggere è sapere e il sapere rende liberi.

 

 

 

Noi scriviamo o, come dite voi imbrattiamo, perché verba volant ma scripta manent, e noi possiamo dirlo, noi lo sappiamo, nessuno lo sa meglio di noi. Lo sanno i nostri cuori, quel che ne resta, dato che troppo pezzi sono stati asportati e posti lontani da noi, invisibili agli occhi di tutti.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo di immenso.

 

Noi dobbiamo pensare al nostro sangue dietro le sbarre, non solo quello secco delle nostre ferite e degli abusi subiti.

 

Il sangue del nostro sangue che ancora scorre nelle vene dei nostri compagni, sepolti sotto metri di terra e isolati dentro una cella. Chiamarla così, poi, è una menzogna lusingatrice. Tomba è decisamente un termine più idoneo.

 

Noi abbiamo le guance solcate dalle nostre lacrime, la pelle straziata da squarci che arrivano fino al midollo. Voragini che mai si rimargineranno, mai cicatrizzeranno, com’è giusto che sia.

 

In fin dei conti la cicatrice altro non è una farsa carnevalesca, nasconde, imbelletta una ferita, in modo che possa esser dimenticata. Ma queste ferite, invece, devono restare aperte. Devono pulsare a ritmo del nostro battito. Devono esser in bella vista vanno ricordate, mai dimenticate.

 

Queste son le peggio ferite. Gli ematomi, gli sfregi, i tagli, le ossa rotte, in confronto risultano essere ridicoli. Dopo tutto a questi ci siamo abituati, a questi le loro forze dell’ordine ci hanno abituati. Non resta che dire una cosa: peggio per loro.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo d’immenso.

 

Noi non avremo tutto.

 

Tuttavia, noi però abbiamo molto, quel molto che non si compra, quel molto che in pochi hanno, e che vorremo che tutti avessero.

 

Quel molto il cui valore non è materiale, non è valutabile, vendibile, rateizzabile, poiché per definizione è inestimabile.

 

Noi abbiamo noi stessi.

 

Noi abbiamo la nostra famiglia.

 

Noi non saremo mai soli, noi non lasceremo mai nessuno solo.

 

 

 

Non possiamo illuminarci d’immenso, non vogliamo.

 

Noi non siamo qui per noi siamo qui per tutti voi.

 

La libertà per cui lottiamo dev’essere per tutti anche per chi non ci vuole, non ci accetta.

 

Cantava qualcuno “siamo come le piante infestanti, che più ci tagli le gambe più cresciamo forti”

 

Lo hanno fatto, lo hanno fatto spesso, ma, sfortunatamente per loro, di gambe da tagliere ce ne sono cresciute il quadruplo di prima.

 

Avrebbero voluto abbatterci, ma sono solo riusciti a potarci. E potare si sa, rafforza, irrobustisce. Loro lo hanno fatto cosi frequentemente che alla fine non siamo solo più piante, siamo diventati una foresta.

 

Forse  puntavano all’inversamente proporzionale? Più li abbattiamo meno crescono?

 

Non ha funzionato. Non funziona. Poiché noi non siamo nemmeno direttamente proporzionali. Purtroppo per loro, noi siamo direttamente esponenziali.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo d’immenso.

 

Fondamentalmente perché noi non camminiamo, noi non domandiamo.

 

Noi infiammiamo.

 

Noi ardiamo.

 

La nostra strada l’abbiamo trovata con una singola semplice fiamma.

 

Con questa noi illuminiamo, lo facciamo per voi, così che possiate vedere quello che vediamo noi, come potrebbe essere diverso questo mondo.

 

Vorremo che vedeste quello che i nostri occhi vedono, i nostri cuori desiderano e le nostre menti esigono. Vorremo che vedeste una vita completamente diversa, una vita senza piramidi verticali o distinzioni orizzontali, Una vita in cui crediamo non perché bella, ma perché è impossibile non credere che potrebbe essere tale, fattibile, perché cosi dovrebbe essere la realtà che ci spetta, che ci meritiamo.

 

Se non la vedete forse è perché delle ombre la oscurano. Degli stigmi vi bloccano, gli stereotipi vi allertano, i preconcetti vi fermano. Abbandonateli. Guardate quello che vediamo noi.

 

E se non lo vedete esprimetevi, dite quello che pensate. Non abbiamo paura delle diverse opinioni, del confronto. Per noi la diversità è una ricchezza, non una minaccia.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo d’immenso.

 

Noi vogliamo che cali il buio su questo sistema imposto.

 

Noi non crediamo in questa società, in questa struttura prestabilita da pochi sulla pelle dei molti restanti. Non ci crediamo e la combattiamo non solo per lo sfruttamento, la disparità, le ingiustizie, gli abomini, le guerre giustificate nei più fantasiosi e ipocriti dei modi.

 

Noi non la accettiamo per un semplice fondamentale motivo: noi crediamo negli esseri umani, noi crediamo nell’empatia, nell’intelligenza, nella socialità, nella capacità di autogestirsi, nella libertà di scegliere, nel mutuo aiuto e soccorso. Noi rinneghiamo questo sistema sociale perché siamo convinti che l’uomo non abbia bisogno di qualcuno che lo governi. Quel qualcuno che poi, pensate, lo fa pure a suo discapito. Noi crediamo che sia possibile un’esistenza senza istituzioni imposte, che l’uomo sia in grado di vivere, collaborare, condividere, rispettare, aiutare, senza nessuno che lo comandi, che gli imponga il suo volere, che gli dica cosa fare.

 

Crediamo in noi, e riponiamo le speranze in voi.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo d’immenso.

 

Vorremo lo faceste voi.

 

Voi siete veramente convinti che le persone siano così povere interiormente, così scarne intellettivamente, così primitive socialmente da non essere in grado di convivere senza leggi (ingiuste) norme (inutili) classi (inesistenti nelle leggi, ma che esse stesse creano)?

 

Avete veramente così scarsa fiducia, cosi poca stima di voi stessi? Veramente vi credete così inetti da dover aver qualcuno che vi dica cosa fare, come vivere, quanto lavorare, cosa sia giusto possedere, cosa no, cosa sia bello/brutto/corretto/scorretto/legale/illegale/accettabile/intollerabile/essenziale/inutile? Noi no. Noi crediamo che ognuno sia in grado di scegliere da solo, che l’etica sia implicita nell’essere umano, che l’autogestione sia non possibile, attuabile e fattibile in una società formata solo da ciò che è essenziale e necessario. Gli esseri viventi. E basta.

 

In fin dei conti la disparità non è forse nata quando fu istituita una proprietà privata? La povertà non l’ha partorita il denaro.?  Lo sfruttamento non ha suoi albori nel momento in cui in nome di qualsivoglia dio o dalla smania di accedere alle altrui risorse, coloro che si sono arrogati il diritto di comandare e comandarci hanno invaso l’altrui terra? Tutte le istituzioni, le strutture, le norme una cosa hanno fatto: creato divisioni, minato la libertà, deperito il libero arbitrio. Tutto questo fatto in nome della “vostra libertà”. Dei vostri diritti. Predicavano i vostri interessi, mentre vi rendevano meri schiavi, automi. Come possiamo vedere solo noi tutto questo? Come potete voi accettarlo, e nemmeno dichiaravi felici. Almeno questo consolerebbe. Tristemente invece, vi lamentate, ma accettate la realtà da loro creata a vostro danno. Accettate perché non così è, non c’è altra soluzione, non cambierà mai, e chi protesta nulla potrà. Nemmeno ci provate. Vi hanno tolto anche la dignità l’amor proprio.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo d’immenso.

 

Per noi una cosa sola deve essere illuminata e brillare.

 

La libertà.

 

Ma quale? Dov’è la libertà ora? Dov’è quella libertà che hanno detto di avervi garantito con le loro decisioni?

 

Scegliete voi le leggi? No. Il governo? No. Non scegliete nemmeno ciò che desiderate, dato che proprio una legge da loro creata stabilisce chi possa o meno concorrere alle cariche. Votate un simbolo. Una triste e incompetente comitiva che decide da sé le proprie cariche e istituzioni.  Nemmeno vi hanno concesso di scegliere chi governerà i vari ministeri. Votate un partito che, in nome del potere, si allea con altri partiti differenti, con visioni e pensieri anche agli antipodi. E voi andate pure la votarli. Se vi rappresenta un partito come potete accettare che si allei con altri di cui non condividete idee e posizioni?

 

Però il voto è un diritto. Quale? Di scelta libera forse? Però il voto è un dovere, un dovere nei loro confronti in nome dei loro interessi. Che bel dovere. Da schiavi andate alle urne e diventate cittadini. In sostanza migrate da una tipologia di schiavitù all’altra.

 

 

 

Considerate poi un’altra cosa: vi è concessa la scelta di non avere una struttura governativa? No. Vi viene imposto tutto, dalle ore di lavoro ai giorni di riposo, per finire con l’eta del pensionamento. Il tutto da persone per le quali la parola lavorare fa solo rima con lucrare, approfittare, sfruttare,

 

Persone che possono essere elette solo se raggiunto un quorum. La miglior barzelletta del loro sistema elettorale. Il quorum. Linea di demarcazione che distingue ciò che è democratico da ciò che è oligarchico. Ebbene, questa linea, attualmente denota come democratica un votazione se a questa hanno contribuito meno della metà degli elettori aventi diritto. Meno della metà. Questo definirebbe una democrazia, etimologicamente significante il governo del popolo? Beh il dèmos dovrebbe essere decisamente orgoglioso che il suo volere sia rappresentato.

 

 

 

Forse la vera domanda che dovreste porvi è: perché invece nessuno menziona la percentuale dei non votanti? Perché nessuno indaga sulle motivazione che non li portano alle urne? Che democratica questa democrazia, dove meno della metà nazione non sceglie e a nessuno importa. Anzi, per comodità, i non votanti vengono tacciati di menefreghismo.

 

Sarebbe controproducente pensare che in verità i non votanti non si sentano rappresentati da nessuno dei pagliacci in corsa? Magari argomentando che, dopo anni di collaborazionismo con la mafia, appalti, tangenti, furti rapine dei soldi pubblici, è probabile che non abbiano più fiducia in nella classe politica?

 

 

 

Noi non pensiamo nemmeno questo.

 

Non ci interessa questo, poiché noi crediamo che non servano rappresentanti, politici, ministri, portaborse, senatori, parlamentari e tutto l’inquietamente Freak show che pascola questo sistema politico. Ognuno ha il diritto di esprimere e di portare la sua stessa voce. Impossibile? Sarà più realistico un partito che asserisce di realizzare gli interessi di milioni di elettori. Questo non è impossibile, bensì fantascientifico. Ma ancora più ridicolo è che voi ci crediate. E poi ritenete utopica l’abolizione del sistema capitalistico. L’assenza delle strutture governative. E’ mai stato fatto un tentativo? No. E allora come si può giudicare illusorio? Ricordate che era considerata utopia anche che le donne votassero, o che studiassero. Era utopico un mezzo di comunicazione come un telefono, pensatevi internet. Era utopico che potesse essere realizzato un mezzo di trasporto come l’aereo. Anzi era utopico qualsiasi mezzo di trasporto differente dal cavallo. Come non si giudica prima di conoscere, non si dichiara impossibile nulla, nessuna idea, finche non si ha provato a realizzarla e si ha fallito.

 

Noi crediamo in noi, crediamo in voi. Com’è possibile che nemmeno in voi stessi riponiate fiducia? Com’è possibile che noi, i mostri, siamo qua a difendervi, a credervi i voi?

 

 

 

Noi non ci illuminiamo d’immenso.

 

Non ci serve, ci conosciamo fin toppo bene in tutti i nostri pregi e difetti. La luce serve a chi deve vedere, cercare, conoscere, capire. Noi sappiamo chi siamo. Non ne abbiamo bisogno, ci conosciamo.

 

Noi però conosciamo voi, ma non giudichiamo e mai lo faremo. I giudizi limitano, delineano, distinguono. Non non giudichiamo perché non vorremo essere giudicati.

 

I giudizi non ci appartengono. L’unica cosa che ci appartiene siamo noi. Quella che vorremo ci appartenesse è la libertà.

 

Loro, al contrario, non solo ci vorrebbero imprigionati, loro ci vorrebbero suicidi dietro una grata.

 

Nemmeno la decenza di ammazzarci. Assumono la responsabilità di privare della luce, dell’aria, dei contatti umani, dei libri quanti esseri umani? Ma non si assumono la responsabilità di ammazzarli. Pensate anche loro, dall’altro delle loro poltrone, dalla miseria dei loro intelletti, perfino loro sono riusciti a capire una cosa fondamentale che ci denota: se toccano uno toccano tutti. Per cui la loro soluzione è questa: aspettare, credendo e sperando che coloro sepolti vivi si suicidino, rinunciano spontaneamente alla loro vita, per sfinimento, per annichilamento. Chiedetevi perché. Per pigrizia? No. Per etica e rispetto della vita ? No. Per lo stesso motivo per cui a voi non piace il nero, il buio. Perché il nero vi fa paura. Perché ad ogni azione corrisponde sempre una reazione, con le conseguenze che comporta. Loro però dimenticano una cosa, che la nostra storia dovrebbe avergli insegnato: noi reagiremo sempre, ci opporremo sempre. Non solo alle loro decisioni, a loro in quanto tali. Padroni di niente? No, lo siamo di noi stessi e per questo non siamo servi di nessuno.

 

 

 

 

 

Noi no ci illuminiamo d’immenso.

 

Non vogliamo nemmeno illuminare nessuno.

 

Che nessuno ci ascolti o ci segua poco importa, noi continueremo comunque a lottare.

 

Noi non deteniamo la verità, noi non crediamo nell’onniscienza. Se non altro perché se tutto si sa, se si è convinti di conoscere tutto, non si ha più nemmeno la gioia di scoprire, di conoscere.

 

Noi non vogliamo convincere nessuno. Noi speriamo che deciderete da soli cosa è giusto è cosa non lo è. I politici devono convincervi. Noi, a differenza loro, crediamo nell’intelligenza e nella capacità decisionale e cognitiva umana. Crediamo che tutti abbiano le stesse potenzialità. Purtroppo il sistema che governa ha fatto in modo non solo di gettare sul lastrico un sistema scolastico, ma pure di non renderlo accessibile a tutti. Ha generato consapevolmente l’ignoranza, conscio del fatto che più un popolo è ignorante più è soggiogabile, controllabile, plasmabile. Ma, purtroppo non si è fermato qui. Vi ha pure convinto che la cultura, la lettura, la curiosità, il costruirsi una cultura non sia necessario. Non serva per realizzarsi e sentirsi liberi. Ci avete creduto. Come criticarvi, alla fine coloro che l’hanno propugnato sono dove sono non di certo per capacità di analisi, cognitiva o per ricchezza culturale. Questi sono gli esempi che avete. Come biasimarvi.

 

Nulla è lasciato al caso.

 

 

 

Noi non ci illuminiamo d’immenso.

Noi amiamo il buio, il buio che impera nei loculi dove loro ci chiudono.

 

Per quanto provino a privarci della libertà, dell’aria, delle visite dei nostri cari, delle foto dei nostri cari, dei libri, potete esser certi di una cosa: non ci abbatteranno, non ci avranno e noi mai rinnegheremo.

 

Per quanto potranno trattarci come i peggiori stragisti, incolparci peggio dei più beceri e disumani mafiosi, darci pene peggio degli attentatori che hanno squarciato un paese, noi non ci arrenderemo. Non abbiamo paura.

 

Perché crediamo nella nostra lotta, lotta che è per e di tutti.

 

Perché è pure bello combattere un’istituzione che si proclama democratica e nata dal volere del popolo, pensando che tutti credano a questa bugia a questa mistificazione.

 

Perché è bello combattere un sistema che si crede onnipotente, invincibile e ogni volta che incrocia il nostro sguardo, vacilla, traballa. Ogni volta che si pronunciano le due famose “B” i miseri potenti sentono la necessità di schierare il loro esercito di robocop non pensanti, agenti nel vero senso della parola. Agiscono e basta, pensare non è previsto, né loro concesso.

 

Ora ammettetelo: se poche persone reagiscono, si difendono e attaccano, provate a immaginare solo tanti individui che potenzialità potrebbero avere. Non lo fermerebbero il vento, lo creerebbero direttamente. Anzi sarebbero loro stessi il vento.

 

 

 

Alla fine possono agire in ogni modo, picchiarci, arrestarci, sotterrarci, sperare nel nostro suicidio, arrivare ad ucciderci. Qualsiasi cosa facciano possono toglierci tanto, ma mai tutto.

 

Non potranno, mai ci riusciranno. Poiché le cose a noi più care, quelle per cui lottiamo non sono materiali. Non sono valutabili. Sono inestimabili. E loro, se non possono dare un valore a un qualcosa, se non la possono produrre, industrializzare, capitalizzare, o sfruttare qualcuno in suo nome vanno in seria difficoltà.

 

 

 

 

 

Noi non ci illuminiamo d’immenso

 

 

 

Noi ci illuminiamo d’innesco.

 

 

 

L’immenso al momento non lo contempliamo.

 

 

 

Noi bruciamo di vita.

 

Loro puzzano di morte.

 

Odorano di cancrena.

 

E tra le putride bugie, le becere macchinazioni, i vergognosi teoremi, loro cercano le prove, gli inneschi, quelli veri. Loro e il materialismo, loro e gli oggetti.

 

L’innesco è dentro di noi. L’innesco siamo noi.

 

 

 

Seppelliteci, siamo semi, cresceremo.

 

Dateci l’oblio del buio. Siamo micce. Ci accenderemo. Esploderemo.

 

Non illuminiamo.

 

Noi brilliamo.

 

 

 

La morte viene dipinta come una luce in fondo al tunnel.

 

La nascita della vita è l’antitesi di questo: il seme germoglia nelle tenebre del sottosuolo.

 

La vita si origina nel buio.

 

Il primo spazio che conosciamo, dove iniziamo a esistere, l’unico posto dove nessuno impone il proprio volere su di noi, il ventre della mamma, è buio. Il primo colore che vediamo è il nero.

 

Noi siamo neri come la vita.

 

 

 

Poi, potranno toglierci tanto, ma non tutto. Ma da sempre, non considerano e dimenticano non una nostra variante, ma una nostra costante, fondamentale.

 

 

 

Noi abbiamo le fiamme nel cuore e il vento nelle vene.

 

Le avremo sempre. Fino alla fine. E oltre.

 

 

 

Ogni volta che dal nulla sentirete delle raffiche di vento che profumano di rogo,  saprete che siamo noi.

 

 

 

Viaggiamo solo con il vento in poppa, a più nodi possibili.

 

Pericoloso penserete.

 

La staticità, l’invariabilità, la calma hanno il gusto della sicurezza, dell’assenza di pericolo.

 

Falso. Il mare in bonaccia è il più pericoloso.

 

 

 

E ricordate, se anche l’alfabeto incomincia con la A un motivo ci sarà.

 

 

 

Al fianco nostri pezzi di cuore ingabbiati, con il vento in poppa nelle vene, e le fiamme vive nel cuore.

 

Sempre.

 

Frondenoire e Rogo