risataSe anche a voi, in una serata di pioggia, vi trovate soli a casa e vi capita di vedere Diego Fusaro che fa il marxista il televisione esaltando Putin, gli imprenditori, il Muro di Berlino, e vi assale una voglia matta di andare sotto casa sua a rompergli ogni giuntura del corpo…state tranquilli, non siete soli. Fate un respiro profondo…

Il medico dice che fa male al fegato arrabbiarmi e contro l’ira e il rancore che mi corrodono mi consiglia di prendere la vita con ironia. Dote che in effetti non mi manca, come mi riconoscono anche gli acerrimi nemici. Se c’è una cosa su cui gli antichi romani si sbagliavano è il proverbio secondo il quale il riso abbonda sul volto degli stolti. D’altronde quella romana era una società schiavista e imperialista, pragmatica e utilitarista, non c’era tempo per ridere (poveracci). E’ vero, invece, il contrario: solo gli individui, che più che intelligenti definirei “acuti”, hanno il senso del comico, sanno fare i collegamenti e sanno per di più pervertirli con l’arte del grottesco e il demone dell’equivoco. Sono invece gli “ottusi”, non tanto gli stupidi dato che alcuni di loro si reputano e forse sono anche grandi menti dogmatiche, che non capiscono il comico, che ritengono che “in un momento come questo” non ci sia niente da ridere. Un momento infinito.

Contro la psichiatria, i farmaci e le porcherie della medicina capitalista, sempre più utili si dimostrano vie alternative. Fra queste la clown terapia. E di pagliacci in giro di questi tempi ce ne sono parecchi!

Ridiamoci insieme.

Si è fatto un gran parlare del ragazzino che ha “inventato” la parola “petaloso”. Ma la vera parola del nuovo secolo è un’altra, e l’hanno scoperta quelli della rivista N+1: LUOGOCOMUNISMO.

“Luogocomunista” è forse l’aggettivo più azzeccato del millennio. L’espressione è precisa e vasta allo stesso tempo, nonché immediatamente efficace dal punto di vista del senso.

Chi sono i luogocomunisti? Sono una massa di babbei che fanno dei luoghi comuni della peggiore sinistra la più bizzarra ed ogni volta originale delle sintesi. Del tipo “ah quando c’era Berlinguer” eppure “oggi con certi politici ci vorrebbero le Brigate Rosse” e quindi “è per questo che ho votato Grillo”. Notate bene: i luogocomunisti non fanno parte di un bizzarro movimento di nicchia rinchiuso nelle riserve indiane, tipo i neo-borbonici. Il luogocomunismo è un movimento di massa: il sillogismo costruito con le tre proposizioni di cui sopra (una sola delle quali è corretta) è stato espresso ad alta voce almeno una volta credo da cinque milioni di persone nell’ultimo anno. Più o meno.

Il lugocomunismo, per dirlo con una famosissima canzone di Jovanotti, è quella “grande chiesa che va da Che Guevara e Madre Teresa”. Un verso tutt’altro che ironico e che è stato il manifesto per una generazione di sinistri giovanili.

Come si fa ad essere definiti luogocomunisti? Possiamo abbozzare una definizione “scientifica”. Per essere luogocomunisti si deve condividere circa la metà delle seguenti affermazioni (non si possono condividere tutte dato che alcune sono auto-contraddittorie, ma ci sono dei veri geni del teatro dell’assurdo che ci riescono):

Un generico complottismo secondo il quale dietro tutti i problemi dell’umanità (dal terrorismo islamico ai maremoti) ci sta la CIA; una generica nostalgia per la Russia di Stalin e/o per la Jugoslavia di Tito e/o per la Cina di Mao (talvolta rimpiante tutte insieme nonostante fossero in guerra quasi aperta tra loro); il tifare tutt’ora per la Russia di Putin, per la Cina del “maledetto Deng” (come cantavano i CCCP) e vabbe’ la Jugoslavia non c’è più…ma votare un partito come quello di Rizzo che era al governo quando veniva bombardata; una generica simpatia verso i Fronti Popolari, le coalizioni interclassiste, il CLN…e però contestare, ogni benedetto 25 di aprile con la stessa costanza di un pellegrino di Fatima, i partigiani ebrei che del carrozzone CLN facevano parte; lo scendere in piazza col tricolore e la bandiera rossa; una generica simpatia per tutti ma proprio tutti i governi mediorientali che stanno in conflitto con gli USA e/o Israele, che essi siano fascisti o sinistri, laicisti o islamisti, arabi o persiani e portare tutte le loro bandiere in piazza nonostante quelle nazioni stiano in guerra tra loro; un generico pacifismo e/o (scrivo “e/o” perché talvolta troviamo entrambi) un generico estremismo parolaio, salvo poi prendere le distanza ogni qual volta succede un’azione violenta; il cagarsi sotto per ogni episodio che possa portare ad una denuncia, ad un arresto, a delle conseguenze penali (vedi sopra alla voce complottismo: black bloc, insurrezionalisti, ecc., tutti pagati dalla CIA); una a volte generica a volte lucida stima verso la magistratura italiana che quanto meno avrebbe salvato il paese dalle derive autoritarie prima di Craxi, poi di Berlusconi, in questi giorni pure di Renzi; il voto “tattico” a Grillo, alla Le Pen, per far crollare tutto e così fare la rivoluzione (???); …

E l’elenco potrebbe continuare. Facciamo un gioco: ognuno aggiunga il luogo comune che gli viene in mente! Quello che nessuno può negare è che il luogocomunismo sia un movimento reale: a chi non è capitato di vedere la bandiera kurda, quella irachena e quella iraniana vicine in una manifestazione contro la guerra (senza che finisse a coltellate)? a chi non è mai capitato di vedere insieme la bandiera della Russia di Putin vicino a quella dell’URSS? e chi si ricorda più dei 100 mila comunisti imprigionati e uccisi dalla repubblica islamica iraniana? Per citare solo alcuni degli esempi fatti sopra. E come dimenticare le masse belanti che ai tempi di Berlusconi scendevano in piazza coi cartelli “intercettateci tutti”, col tricolore e le bandiere rosse!

La loro concezione di internazionalismo è una bislacca alleanza delle nazioni “rivoluzionarie”, una federazione di nemici e un arcobaleno di colori: dalle bandiere del Venezuela a quelle del Partito del (porco) Dio libanese, da quelle curde a quelle irachene (che, ricordiamolo, i curdi li hanno gasati), dal tricolore italiano a quello francese e chi più ne ha più ne metta. Un fatto poco serio ma assolutamente serioso e severo. Mentre l’internazionalismo – quello vero – è il fraternizzare dei soldati al fronte e il fucilare i generali, è la gioia di vedere il proprio padrone impiccato, è il rogo della bandiera e il crollo della frontiera, è un’orgia anticlericale, è prendere per la barba gli imam e toccare il culo alle suore (per le femministe: rileggere sopra la parte sull’ironia).

Sull’ Unione Europea i luogocomunisti raggiungono il loro apice artistico, con un orgasmo di colori e posizioni diverse, quasi da attacco epilettico. Ci sono: A) i luogocomunisti che sono contro l’Europa, per tornare agli Stati nazionali; B) i luogocomunisti che sono per l’Europa, perché solo un’Europa forte può impensierire gli USA, quindi la crisi del 2011 di Grecia, Spagna, Italia sarebbe anche quella un complotto americano (e gli anarchici a tirare molotov tutti agenti CIA, ovviamente); C) i luogocomunisti che sono per l’Eurasia, ciò per l’unione di Europa e paesi del vecchio blocco sovietico, solo questa e non l’Europa, troppo piccola da sola, potrebbe impensierire gli odiati americani.

Vi è poi un altro fenomeno. Lo abbiamo accennato, ma va affrontato con più precisione. Per continuare con i neologismi, lo potremmo definire metacomplottismo. Ovvero il vedere complotti ovunque fino al punto di aderire, davvero, ad una sorta di progetto per sminuire ogni fenomeno sovversivo.

I metacomplottisti hanno un certo fiuto, aprono siti internet sempre qualche mese prima dal riaccendersi di fenomeni di fermento (anti)sociale. Guadagnano visitatori con articoli intelligenti, ma anche con cazzate epiche che però ti incuriosiscono i ti fanno cadere nel fatidico “clic”, si appoggiano con intelligenza su social e hanno amici nella stampa ufficiale che talvolta li citano.

Poi quando finalmente succede “qualcosa”, degli scontri di piazza, un’azione diretta, un’azione armata vera e propria, si scatenano. Cominciano a pubblicare le “prove” della mano dello Stato dietro a queste vicende. I giornali li citano, gaudienti, i tg parlano dei bravi cittadini che postano le foto dei violenti per dimostrare che questi siano in realtà sbirri.

Poi se ne fregano se delle persone reali vengono arrestate, spesso grazie a loro, se magari rivendicano addirittura in aula le azioni imputate, c’è sempre un altro complotto da inseguire, quello vecchio, una volta infangata l’azione rivoluzionaria, ha raggiunto il suo scopo e perde di interesse.

Li chiamo metacomplottisti perché loro sì che finiscono per aderire, consapevoli o meno, ad un progetto controrivoluzionario. Non può essere un caso la falsa notizia dell’anarchica col rolex agli scontri del primo maggio 2015 a Milano, finisca contemporaneamente su tutti i siti online e su tutti i tg. Qualcuno deve averla suggerita. Questa non è paranoia ma realismo.

L’ultima della serie delle dietrologie vuole gli anarchici e no border che hanno attaccato la frontiera del Brennero pagati (o comunque servi sciocchi) dell’Europa. Secondo la teoria nazi-maoista per cui l’immigrazione produrrà l’annacquamento dei popoli e favorirà la creazione dello stato imperialista europeo. Devo ammettere che di fronte a certe affermazioni mi vengono dei dubbi sull’antipsichiatria.

Ebbene il luogocomunismo, con i suoi milioni di aderenti, è la principale massa di manovra dove arruolare dei complottisti al servizio della pacificazione sociale. Chiunque ha più di 25 anni, senza andare troppo lontani, ricorderà che all’alba del nuovo millennio i leader del giovane movimento no global invitavano a portare in piazza le telecamere digitali, che in quegli anni si stavano diffondendo, per denunciare gli abusi della polizia. Il gioco allora era quello di superare immaginarie linee che la forza pubblica voleva presidiare, fino ad arrivare ad un contatto fisico. I manifestanti si limitavano a spingere, spesso proprio con le mani in alto, quindi le conseguenze penali erano minime. La polizia invece a volte legnava un po’ più forte del dovuto e le telecamere diventavano lo strumento per un’efficace propaganda di denuncia delle violenze degli sbirri.

Tutti quei giovani, video muniti, erano dei luogocomunisti in vitro. Tornavano in piazza dopo due decenni di pace sociale, e dopo un decennio dal crollo dell’URSS, e lo facevano mischiando i simboli di quel passato “glorioso”: la maglietta del Che, la kefia davanti al naso, la bandiera sovietica con la falce e martello, la bandiera di rifondazione e spesso quella del vecchio PCI regalata dal nonno (talvolta persino quella del PDS o della sinistra giovanile, ma solo quando non governavano loro), il tricolore a volte con la stella rossa al centro delle repubbliche partigiane; ma anche al di dentro delle contraddizioni della contemporaneità, ad esempio rivendicando il no agli ogm, il cibo biologico, il no ai diritti d’autore, l’internet libero, la lotta alla precarietà, ecc. Insomma cercavano la nuova teoria e pratica anticapitalista, ma finivano per fare un brodo con quelle vecchie e nuove, spesso in contraddizione. Fai bollire a fuoco lento per 10 anni e nasce il luogocomunismo.

Alla fine quelle cazzo di telecamere sono diventate lo strumento della repressione e del complottismo. Quando in quelle piazze si è finalmente espressa una rivolta vera, soprattutto grazie a l’unico movimento rivoluzionario emergente negli ultimi decenni, quello anarchico insurrezionalista (termini che rischiano anche loro ormai di diventare dei luoghi comuni, ma che in realtà sono serissimi), quelle cazzo di telecamere dei no global sono diventati lo strumento per la caccia all’infiltrato e quindi per la pubblica delazione.

Oggi quei giovani hanno 40 anni e in buona parte, se votano, votano Movimento 5 stelle. Insieme ai fratelli maggiori che 10 anni prima tiravano le monetine a Craxi.

Il luogocomunismo si diffonderà con tanta più forza col passare degli anni e quindi con la confusione di ideologie in passato in lotta tra loro. E fra questa massa di luogocomunisti si pescano i nuovi infami. Il 15 ottobre 2011 a Roma, il 1 maggio 2015 a Milano, ecc. Per non parlare del 14 dicembre del 2010 quando un “pacifista” mandò in coma con un colpo alla testa un ribelle che stava tirando sassi alla polizia.

D’altronde chiunque ha vissuto un minimo di tensione ribelle nella propria vita, sa quanto i leaderini di movimento siano i primi censori della rivolta. Oggi se un ragazzino vuole fare una scritta sul muro, prima trova il capoccia del suo circolino che cerca di fermarlo, e solo dopo arriva la digos. Per non parlare degli scontri di piazza o delle azioni dirette. Il movimento come avanguardia dello Stato.

Possiamo individuare 3 caratteristiche in questo caso proprie di tutti i luogocomunisti:

In primis, il luogocomunismo è uno strano “comunismo senza lotta di classe”. Le battaglie sono, qualche volta condivisibili, a favore di un popolo oppresso, contro l’Europa, oppure di studenti, oppure di antifascismo, ma i rapporti tra sfruttati e sfruttatori gli sono estranei. E’ Diego Fusaro che qualche sera fa su La7 affermava che il capitalismo sta affamando lavoratori e imprenditori (???). Inoltre e più in generale, il luogocomunisti sono degli strani “comunisti senza alcuna conoscenza di economia”. Vale a dire è un comunismo più gramsciano che marxiano, dove il capitalismo è qualcosa di cattivo, moralmente disprezzabile, ma non si è capaci di fare un minimo di analisi e anzi le si evita con orrore. Infine, il luogocomunismo è un “comunismo senza rivoluzione”. Di solito i più folkloristici sono appassionati delle sfilate con le bandiere rosse, apologeti della battaglia di Stalingrado, ma il momento dell’insurrezione, i decenni di azioni nichiliste che l’hanno preceduta, sono qualcosa che non gli interessa ricordare. Sono nostalgici di quegli stati totalitari sfavillanti nel rosso e nel verde dei carri armati, ma il momento della sollevazione violenta se lo dimenticano. Se c’è malafede (non vogliono parlare degli anarchici, del terrorismo dei nichilisti, dell’insubordinazione dei militari, ma nemmeno di Trotsky) o se è più che altro una naturale tendenza legalitaria magari dipende da caso a caso.

In conclusione, abbiamo riso ma possiamo tentare delle riflessioni serie.

La prima. Il comunismo è ormai un malato grave. Per ogni marxista rivoluzionario vero, competente nella teoria e conseguente nella pratica, troviamo mille luogocomunisti. La malattia è così grave che non si può dire, al momento, neppure se il malato riuscirà a sopravvivere. Non me ne rallegro. Ci tengo a precisarlo, visto che sono stato sarcastico fino ad ora.

La seconda. Il solo movimento che fa lotta rivoluzionaria nel mondo è l’anarchismo. Quantomeno nel mondo industrializzato, e quasi tutto il mondo ormai lo è. Alla faccia di Marx che vedeva l’anarchismo come qualcosa di legato al mondo sottoproletario e quindi forte, ai suoi tempi, in Italia, Spagna e Russia e non nelle metropoli industriali come l’Inghilterra e la Germania, oggi se qualcuno tira una molotov contro una banca nella City di Londra potete mettere la mano sul fuoco è stato un anarchico. E così dal Cile all’Ucraina, dalla Grecia alla Spagna, e qualcosa si sta vedendo anche in Egitto, in Cina ed in India. E questo perché le contraddizioni generate dal capitalismo – la disoccupazione, la precarietà, le migrazioni, le guerre, le macchine, lo smog, la violenza sempre più organizzata sugli animali, le vetrine luccicanti e vicino la miseria – vanno in una direzione che solo la rivolta anarchica sa affrontare ed alimentare.

Con tutti i nostri limiti. Ma per questa volta non ne parliamo.

 

Emmeffe