Con questo articolo cominciamo una serie di pubblicazioni di materiale storico mai apparso in rete, che rischia di scomparire con il disfacimento della carta su cui é stato veicolato. Quando gli anarchici avevano un linguaggio molto diverso, ma idee molto più chiare di oggi su chi fosse il nemico.
L’Amanuense
Ieri le Brigate Rosse hanno recapitato allo Stato, sull’asse via delle Botteghe Oscure-Piazza del Gesù, il cadavere di Aldo Moro, chiuso in una Renault 4.
Il caso-Moro si è quindi apparentemente concluso.
La nuova svolta che esso ha significato nel processo rivoluzionario in Italia è, invece, appena agli inizi.
Il rapimento Moro e la sua “esecuzione” ha travolto tutti i precari equilibri ed equilibrismi che reggevano da un lato in parlamento, dall’altro lato fuori dal parlamento. […]
In parlamento qualsiasi opposizione è caduta di fronte all’alternativa di stare con lo Stato o con le Brigate Rosse, in effetti non c’era dubbio che i partiti presenti in parlamento fossero, da sempre, con lo Stato; all’esterno del parlamento abbiamo assistito ad una diversificazione del copione per “merito” esclusivo di quegli impagabili attori comici che siedono dietro al tavolo della redazione di Lotta Continua.
Lo slogan “Né con lo Stato né con le Br” è semplicemente grottesco.
Sembra QUASI CHE SI POSSA restare neutrali nella fase attuale dello scontro di classe e che Stato e Br siano sullo stesso piano di ferocia repressiva antiproletaria, di protagonisti dello sfruttamento, di espropriatori della libertà e della vita degli oppressi.
E’ come se la vita dei compagni e dei proletari assassinati dalle varie polizie di Stato avessero lo stesso peso di quella dei cani da guardia del capitale e dello Stato.
Questa posizione cattolica di L.C. è, in realtà, semplicemente forcaiola; non tanto perché non sia lecito criticare la linea partitica delle Br, quanto perché i rivoluzionari sono sempre e comunque CONTRO LO STATO E SOLIDALI CON QUANTI, IN MODO ORGANIZZATO E NON, SEPPURE CON PROGRAMMI DIVERSI, OSANO METTERE IN GIOCO LA PROPRIA VITA E LA PRIOPRIA LIBERTA’ NELLA LOTTA CONTRO QUESTO MOSTRO.
Quindi noi anarchici, dobbiamo ribadirlo, piangiamo solo i morti del proletariato e non quelli dello Stato. […]
Abbiamo detto all’inizio che all’esterno del parlamento, dopo il caso-Moro, si siano sciolte come neve al sole posizioni di forze politiche che si definiscono rivoluzionarie; Lotta Continua non è mai stata tale ma si è sempre definita così: delle sue falsità ultime abbiamo già detto; ma il fenomeno più grave, a nostro avviso, è stato quello che ha investito la frazione di Autonomia Operaia romana che fa capo a via dei Volsci; per sintetizzare la situazione potremmo dire che l’Autonomia Proletaria a Roma va avanti NONOSTANTE esista via dei Volsci.
Da mesi a questa parte questo gruppo, nel riflusso del movimento dopo il maggio 77, ha avuto modo di strutturarsi sempre più in senso partitico; la chiusura della sede ha visto “i Volsci” impegnati in una campagna democraticistica rivolta a “tutte le forze democratiche” per far ripartire il loro “covo”.
Questa apertura a destra e a sinistra (nel senso vero delle parole) ha, ovviamente ridato fiato ai tromboni dei gruppetti, ai vari leaderini di “lettere” e via discorrendo. […] I compagni di via dei Volsci, sono, secondo noi, ancora permeati di quello stato confusionale del ribellismo che non si vuol trasformare in reale opposizione rivoluzionaria e che è poi il naturale terreno su cui crescono i più bei fusti delle nuove piante autoritarie di sempre nuovi partitini sotto-parlamentari.
Chiuso per un momento questo discorso, torniamo a trattare dei fini e dei mezzi della lotta armata in Italia, ora.
Finché lo Stato era un’espressione militare-burocratica che aveva il suo generatore nella borghesia, gli individui, al suo interno, rivestivano un ruolo subordinato rispetto al potere economico che li determinava.
Con la progressiva statizzazione dell’economia i ruoli burocratici si fondono con quelli tecnocratici ed entrambi generano la piramide sociale, sostituendosi al vertice della vecchia classe dirigente: la borghesia.
I borghesi avevano un ruolo in quanto possessori di capitale ed esprimevano la loro condizione sociale attraverso le loro ville, le loro carrozze, i loro yachts, le loro vacanze “tutto l’anno”.
I beni di consumo erano, insomma, l’immagine il biglietto da visita di chi gestiva il potere.
Ora non vogliamo dire che oggi non sia proprio così: i veri tecnocrati, burocrati e generali sono fruitori di ogni bene di lusso ma è diverso il ruolo che essi rivestono nell’apparato; il borghese non era l’apparato, il tecnocrate sì.
Inoltre l’apparato è estremamente più disseminato sul territorio: la città è un gigantesco ingranaggio diviso (eppur unito) in varie parti ognuna delle quali comprende in sé subordinati e subordinatori, sfruttati e apparato.
E’ proprio questo apparato che bisogna colpire senza tregua e in ogni modo e momento possibile.
Se prima far saltare la casa del signore voleva dire colpire il cuore, il senso del potere, oggi questo attacco alle cose non basta più: l’attacco deve essere generalizzato alle cose ed ai ruoli dell’apparato, cioè gli individui. […]
E’ immediata la visualizzazione della parola d’ordine dell’AZIONE DIRETTA e dell’AUTOGESTIONE DELLE LOTTE.
Con questa pratica diffusa contro LO STATO NEL SUO COMPLESSO COME PRINCIPIO TRASFORMATORE DEL POTERE, è in contrapposizione strategica il disegno delle Br.
Ciò è ovvio in quanto le istanze leniniste tendono alla presa e non alla distruzione dello Stato.
Ma noi siamo anarchici e come tali vogliamo colpire, e colpiamo, ogni persona, ogni organizzazione che faccia parte dell’apparato, ogni nemico che ci si mette di traverso sulla strada della rivoluzione sociale. […]
E’ insomma l’idea di partito che bisogna sradicare dalla testa degli sfruttati.
Questo vuol dire che non c’è posto nel potere per chi crede che esso possa, in seguito, essere soppresso a vantaggio del comunismo autogestito: il potere schiaccia chi cade in simili equivoci.
In altri termini l’apparato organizzativo delle Br tende nel futuro a ripercorrere la stessa strada, inevitabile, del partito bolscevico.
Appunto la situazione storica è però irreversibilmente diversa: la diffusione dell’opposizione armata sul territorio, la situazione di crisi internazionale, la pratica generalizzata dell’azione diretta dicono chiaro che è impossibile per un solo partito egemonizzare il processo rivoluzionario in Italia.
[tratto da Anarchismo n°20 Marzo-Aprile 1978]