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Sono tanti anni che non scrivo in maniera pubblica, anni che credo abbiano maturato il mio pensiero e la mia persona.

Ho scelto il silenzio non per paura della repressione e delle sue minacce, ma lo ho scelto perché credo che chi parla di individuo e di superamento dei limiti dello stesso un giorno deve venire a patti con ciò che teorizza e scrive. Ho abbracciato l’individualismo e il nichilismo, poi, con tutta me stessa, riconoscendo la profonda forza  che potenzialmente risiede in ognuno di noi, potenziale che non sempre nella vita, per i più svariati motivi,  viene fuori. E allora mi sono accorta che è molto più semplice sedersi sul famoso “vertice” a sputare sentenze dimenticandosi quanto sia stato faticoso e doloroso scalarlo, che rimanere ben ancorati alla realtà.

La realtà, è questa la parola chiave per me oggi, la realtà che mi circonda. La realtà che non è quella di duecento anni fa, quella dei filosofi, dei padri e delle madri dell’anarchia, ma non è neppure quella di sessant’anni fa: gli anni che dovrebbero assomigliarci di più, gli anni che avrebbero  aperto la strada a quello che è stata la nostra storia di oggi. Ed invece nulla è come allora, neppure un’ombra di quella fierezza, della contestazione, delle lotte sia nelle piazze che nelle carceri, mi ritrovo di fronte ad una realtà che è diventata piatta, chiusa nei particolarismi ideologici e nelle beghe di movimento.

Mi chiedo a chi potremmo fare paura? Come potremmo sperare che “ la paura cambi di campo”?

Partendo dal presupposto che lo Stato che combattiamo, le istituzioni borghesi che osteggiamo e vorremmo vedere finalmente rase al suolo, sono strategicamente  e militarmente più organizzate, come pensiamo che la disgregazione e i particolarismi interni ad un movimento possano giovare alla rivolta?

E se pure l’azione, intesa come prassi, che guida ognuno di noi non è la stessa, a chi giova questo continua critica filosofica sulla “prassi rivoluzionaria”?

Credo che ci sia una seria mancanza di concretezza, non in tutti certo, e per questo  ricordo con piacere tutte le azioni che ancora ogni giorno vengono portate avanti dai compagni in ogni parte del mondo, e i compagni rinchiusi nelle galere che di lotta hanno vissuto e chi ci sprona ad andare avanti. Ma credo che ci meritiamo tutti di più: la costruzione di una seria alternativa a questa società fondata sul denaro e sullo sfruttamento dell’uomo su ogni vivente. Ci meritiamo di più, ma per fare questo dobbiamo lottare ogni giorno per riprendere in mano le nostre vite in maniera concreta : fino alla liberazione.

S.Z

 

In supporto alla chiamata del BLACKDECEMBER#15