[Prigioni greche] Per una nuova posizione di lotta dell’insurrezione anarchica – Per un Dicembre Nero

“Odio l’individuo che china il suo corpo sotto il peso di una potenza sconosciuta, di un X qualsiasi, di un Dio. Odio tutti coloro che cedendo ad altri per paura, per rassegnazione, una parte della loro potenza di uomini non solamente si schiacciano, ma schiacciano anche me, quelli che io amo, col peso del loro spaventoso concorso o con la loro inerzia idiota. Li odio, sì, io li odio, perché lo sento, io non mi abbasso sotto il gallone dell’ufficiale, sotto la fascia del sindaco, sotto l’oro del capitale, sotto tutte le morali e le religioni; da molto tempo so che tutto questo non è che una indecisione che si sbriciola come vetro…”
–Joseph Albert (Libertad)

Ci sono momenti nella storia in cui la casualità di alcuni eventi può provocare delle variabili dinamiche in grado di paralizzare quasi interamente lo spazio-tempo sociale.

Era la notte di sabato 06 dicembre 2008 quando in pochi istanti c’è stato il culmine del conflitto tra due mondi. Da un lato la violenza insurrezionale, giovanile, entusiasta, spontanea e impetuosa; dall’altro l’apparato ufficiale e instituzionale dello stato che, legittimamente, reclama il monopolio della violenza attraverso la repressione.

No, non si è trattato di un ragazzino innocente e un poliziotto paranoico che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma di un giovane compagno ribelle che ha attaccato una pattuglia, in una zona in cui gli scontri con le forze di repressione erano frequenti, e di un poliziotto che pattugliava quella stessa zona e, obbedendo all’idea personale di onore e reputazione della polizia, ha deciso di affrontare da solo gli agitatori. È stato un conflitto fra due forze opposte: da una parte l’Insurrezione, dall’altra il Potere, con i protagonisti principali di questo conflitto che rappresentavano il proprio campo.

L’assassinio di Alexandros Grigoropoulos da parte del poliziotto Epameinondas Korkoneas, e l’ampia sommossa che ne è conseguita, hanno causato un elettrochoc sociale potente, perché l’immagine di “pace sociale” ne è uscita distrutta e l’esistenza di questi due mondi contrapposti è diventata visibile nel modo più evidente, scatenando situazioni da cui non era facile tornare indietro, almeno non senza la creazione e la manifestazione di eventi la cui dinamica nessuno poteva più fingere di non aver notato, di non aver visto, di non aver sentito, di non aver preso in conto.

La rivolta del 2008 ha scosso una società che, per la maggior parte, approfittava ancora della benedizione consumistica e della cultura dello stile di vita occidentale, e ignorava le conseguenze insopportabili dell’incombente crisi economica. Ha causato imbarazzo, torpore e paralisi percettiva, poiché la maggioranza del corpo sociale era incapace di capire da dove saltassero fuori le tante migliaia di rivoltosi che creavano disturbi di tale portata.

All’indomani della rivolta, numerosi intellettuali, analisti politici, professori, sociologi, psicologi, criminologi, e persino artisti, approfittando tutti del loro prestigio e della loro notorietà professionale, hanno partecipato al dibattito pubblico, non solo per interpretare Dicembre ’08, ma anche per privarlo di senso, diffamandolo e condannando allo stesso tempo la violenza, da dovunque venisse, rendendo ben chiaro quale fosse il loro reale ruolo sociale.

C’è molto da dire su Dicembre ’08 e la sua eredità insurrezionale, come è stato manifestato attraverso decine di gruppi di azione diretta che si sono moltiplicati in maniera esplosiva in tutto il paese, creando un fronte di minaccia interna. Un periodo in cui l’azione diretta anarchica ha minato la normalità sociale quasi quotidianamente. Ma quello che vogliamo innanzi tutto è ricordare…

Ricordare cos’è stato Dicembre ’08 e come l’anarchia, assumendo un ruolo da protagonista, ha contribuito all’apparizione di situazioni dinamiche che hanno acquistato risonanza nel movimento anarchico internazionale.

Ricordare il momento in cui l’anarchia ha superato la paura dell’arresto, della prigionia e della repressione violenta, acquisendo così un’enorme fiducia in se stessa, passando ad azioni e gesti che fino ad allora sembravano impossibili; una fiducia che si è manifestata con l’intera gamma di azioni anarchiche multiformi, dai semplici interventi pubblici a ogni tipo di occupazioni, e dalle pratiche conflittuali spontanee alle azioni offensive più organizzate.

Vogliamo ricordare il nostro giovane compagno colpevole della propria spontaneità che ha pagato con la vita. In altre circostanze avremmo potuto essere al suo posto, poiché lo stesso entusiasmo insurrezionale ci pervade da allora, e tra l’altro, TUTT* dovremmo ricordare le nostre origini invece di esorcizzarle.

Vogliamo ricordare la bellezza del paralizzare lo spazio-tempo sociale attraverso corto-circuiti sociali piccoli o grandi.

Vogliamo ricordare quanto può diventare pericolosa l’anarchia, quando vuole…

Vogliamo rivivere i giorni in cui “morte non avrà dominio, i morti nudi saranno uno on l’uomo nel vento e la luna occidentale, e irromperanno nel sole fin che il sole cadrà” (versi parafrasati da un poema di Dylan Thomas).

* * *

“È così che impariamo l’umiltà.
Quante volte la gente è rimasta seduta
a casa e aspettato da sola,
aspettato che i compagni
tornassero?
La battaglia è pianificata
Ogni minuto conta
Ogni persona sa quello che deve fare
Sono state prese tutte le precauzioni.
Stanotte quanti guerriglieri stanno combattendo?
Stanotte la radio annuncia
che la polizia sta cercando di ricacciare
dalle strade centinaia di manifestanti.
Le pietre volano,
puoi sentire i canti, i vetri che si spaccano,
le sirene dietro il chiacchiericcio nervoso del cronista.
Le undici.
Non è ancora finita.
Quanti sono passati prima di noi?
Le linee risalgono
lungo la storia.
Quante ne restano ancora da fare?”
–La tribù dell’Aquila orgogliosa del Weather Underground

Partendo da una semplice osservazione, il bisogno imperativo di tracciare una strategia il cui nucleo sia l’azione anarchica molteplice che si scontri frontalmente col Potere e i suoi esponenti, siamo sicuri che il contributo di un’altra proposta teorica sull’organizzazione anarchica non sarebbe proficuo, se dovesse restare all’interno della struttura ristretta dell’inflessibilità ideologica. Se non tentiamo di sciogliere le nostre contraddizioni quotidiane attraverso azioni che siano complementari della lotta di liberazione nel suo complesso, siamo destinati ad annegare nella marea di introversione che pervade i circoli anarchici.

Crediamo che per elaborare una strategia – sui cui assi si incroceranno gruppi di affinità, lotta multiforme e insurrezione anarchica permanente – dobbiamo mettere alla prova nella pratica le nostre forze, il nostro slancio, le nostre capacità e i nostri limiti. In questo modo saremo in grado di porre i fondamenti logici basati su reali esperienze di lotta e non su acrobazie teoriche. Viviamo l’inizio della fine del mondo come lo conosciamo.

Il tentativo da parte dello Stato di risolvere pacificamente i conflitti sociali è un lontano ricordo, come lo è la prosperità economica, e i modelli d’interventismo di stato nell’economia sono finiti in pattumiera – dato che ai giorni nostri la dominazione delle multinazionali e la possibilità del Capitale di oltrepassare i confini nazionali senza restrizioni sono state istituzionalizzate dai centri di potere dominanti. La narrazione storica degli stati-nazione che ha servito lo sviluppo capitalista per diversi decenni attraverso le economie nazionali sta collassando, la fascizzazione tecnologica crea infinite possibilità per la gestione delle emozioni umane, la complessità in continua crescita della struttura sociale destabilizza gli automatismi sociali e militarizza la vita sociale delle metropoli, le macchine per la digitalizzazione della vita tolgono vigore al complesso funzionamento critico del pensiero degli esseri umani e creano cimiteri di coscienze, le immagini dell’orrore umano vengono assimilate nella coscienza sociale e cessano di creare sentimenti al di là della sensazione di choc.

Ci troviamo nel processo di un aumento qualitativo della “guerra civilizzata”, in cui la felicità di uno convive col tormento di un altro; in questo nuovo ambiente fa la sua comparsa la specie di umani contemporanei, geneticamente atti ad accettare come ovvio un modo di vita malato, in un mondo degenere da cui ogni selvatichezza della natura è sparita a causa della rigenerazione urbana e le tendenze espansive delle condizioni artificiali della civilizzazione. Viviamo in mezzo a roditori industriali che vivono con una dieta controllata, in un ambiente controllato, e si trasformano in modelli sociali che dobbiamo seguire per sopravvivere.

In questo contesto l’anarchia acquista una possibilità strategica di incendiare tutte le forme di rappresentazione politica e di diventare un fronte di guerra aperta e non convenzionale contro la dominazione, che trasformerà la diversità e il pluralismo delle opinioni all’interno della comunità anarchica in un vantaggio e riunirà gli oppressi che decideranno di spezzare le catene della loro sottomissione ai centri di lotta creati. Spesso le osservazioni più importanti vengono dette nella maniera più semplice. Vogliamo vedere il mondo del Potere distrutto dalle mani armate di uomini e donne ribelli. Quindi superiamo gli schemi teorici, e riportiamo il peso del discorso al punto iniziale, al punto in cui il sasso lascia la nostra mano per finire sulla testa di un poliziotto, il punto in cui decidiamo di spezzare le catene della prigionia, il punto in cui le volontà sovversive si manifestano in maniera combattiva nelle strade, il punto in cui le lancette di un ordigno esplosivo si allineano per far esplodere la nebbia assassina dell’ordine legale.

Invertendoil flusso del dialogo predeterminato, non parliamo in anticipo del modo in cui agiremo, ma proponiamo la coordinazione dell’azione anarchica e una rete informale di progetti anarchici tramite la forza vitale dell’azione multiforme; in questo modo saremo in grado ‘individuare i nostri errori e le nostre debolezze misurando allo stesso tempo le nostre capacità di arrivare a una valutazione critica che sarà la base della nostra strategia che favorirà l’azione anarchica frontale contro ogni autorità.

La nostra proposta di scommettere sulla formazione di un fronte anarchico insurrezionale molteplice è semplice; una campagna d’azione col nome di ‘Dicembre Nero’ che sarà il detonatore per la ripresa dell’insurrezione anarchica, dentro e fuori le prigioni.

Un mese di azioni coordinate per conoscerci fra noi, uscire in strada e distruggere le vetrine dei grandi magazzini, occupare scuole, università e municipi, distribuire testi che diffonderanno il messaggio di ribellione, piazzare ordigni esplosivi contro fascisti e padroni, esporre striscioni su ponti e strade, sommergere le città di manifesti e volantini, far saltare le case dei politici, lanciare molotov contro la polizia, taggare i muri con slogan, sabotare il flusso tranquillo di merci in pieno periodo natalizio, saccheggiare l’ostentazione di abbondanza, organizzare attività pubbliche e scambiare esperienze e motivazioni su diversi temi della lotta.

Incontrarci nelle strade della città, e dipingere con le ceneri sugli orridi edifici di banche, commissariati, multinazionali, basi militari, studi televisivi, tribunali, chiese, associazioni benefiche.

Sconvolgere in mille modi la mortale normalità sociale delle droghe psicotrope, l’asfissia economica, la miseria, l’impoverimento e la depressione, regolando la nostra esistenza sui ritmi dell’insurrezione anarchica, in cui la vita assume un significato nella battaglia incessante contro la dominazione e i suoi rappresentanti. Incendiare la fragile coesione sociale e uscire in strada per strangolare per prima cosa il mostro dell’economia, prima che ci stermini attraverso i suoi meccanismi burocratici e i suoi killer in giacca e cravatta che riempiono i centri di comando della guerra economica.

Dicembre Nero non cerca semplicemente di trasformarsi in qualche giorno di rivolta; quello che vogliamo creare invece – attraverso l’azione anarchica multiforme e multilivello – è una piattaforma di coordinazione informale sulla cui base confluiscano gli impulsi sovversivi; un primo tentativo di coordinazione informale dell’anarchia, al di là del quadro predeterminato, che aspira a creare quest’esperienza di lotta per mettere in moto proposte sovversive e strategie di conflitto.

Questa nostra proposta è legata allo stesso tempo con eredità di lotta corrispondenti al di là dei nostri confini geografici; qualche mese fa, in Messico, un gruppo di compagn* ha attaccato l’istituto nazionale elettorale con un ordigno esplosivo, e chiamato a una campagna anti-elettorale multiforme e dinamica per un Giugno Nero, appello che è stato raccolto da una parte significativa del movimento anarchico. Seggi elettorali e ministeri sono stati travolti dalle fiamme, scontri con la polizia sono nati nelle strade delle città, sono state tenute riunioni pubbliche, e testi di propaganda anarchica contro le elezioni sono stati distribuiti. Un mosaico di attività molteplici, con riferimenti politici e punti di partenza diversi, con cui l’anarchia ha risposto al circo elettorale della democrazia, avendo come strumenti i principi di orizzontalità, coordinazione informale e insurrezione perenne; tali esperienze di lotta, in cui l’immaginazione collettiva e la determinaione creano fuochi di guerra liberatori nel nuovo ordine dele cose, dimostrano chiaramente che esiste una prospettiva per l’abolizione effettiva della nota pseudo-polarità tra legale e illegale, e allo stesso tempo rende la progettualità anarchica opportuna attraverso i fuochi dell’insurrezione.

La scommessa della sovversione rimane aperta; il destino di questa proposta si trova nelle mani dei/lle compagn* di tutto lo spettro di lotta che sceglieranno se vale la pena metterla in movimento.

“La prima notte in cella, pensieri della sua vita libera viaggiavano a velocità vertiginosa nei neuroni del suo cervello. Sapeva che la prigionia è la conseguenza logica dello scontro con un nemico che possiede una potenza di fuoco superiore a tutti i livelli.
Per chi ha sabotato i binari del treno del terrore appartenente a una realtà sociale che elimina in ogni modo possibile coloro che lo mettono in questione, le sbarre della prigione saranno una realtà; ma naturalmente questo non significa che questa realtà verrà accettata senza lottare.

Con questi pensieri in testa, chiuse gli occhi e sognò non che gli sarebbe piaciuto vivere fuori dalle mura ma l’incubo di molti anni di inerzia, attesa e corruzione dei propri istinti.

Il mattino seguente, affrontando per la prima volta la monotonia di una routine carcerale quotidiana e ripetitiva, era già stanco di essere paziente; l’aveva visto viaggiare senza scopo attraverso il labirinto della tolleranza nei primi segni di una vigliaccheria nascosta. Rinchiuse l’odio nella valigia delle emozioni intatte accanto all’amore per la libertà, e passò la chiave a un compagno, chiedendogli di lasciarla acanto alle tombe dei/lle compagn* assassinat* che sono caduti in battaglia contro il nemico.

Gli anni sono passati e l’unica cosa che la prigione è riuscita a fare è stato riempirlo di rabbia, renderlo impaziente per il dopo, fargli cercare un modo di applicare praticamente la guerra anarchica; a quel momento aveva realizzato che l’unica alleanza fattibile è col mondo delle possibilità.

Poche possibilità per convincere la maggioranza delle persone in questa società che la sua scelta non si trova tra la follia e un’impasse, ma abbastanza perché valga la pena scommetterci per la grandiosa idea di distruzione. La grandiosa idea di una collisione frontale con il mondo delle ombre e i suoi sottomessi. La porta della prigione si apre, e ora sa cosa fare; tenere viva la memoria, non lasciare spazio all’oblio, non dimenticare mai i compagni lasciati indietro, riprendere il filo dell’insurrezione dove si era spezzato, versare il veleno dell’insubordinazione nelle reti riproduttive della società capitalista.

Per un’insurrezione anarchica permanente!
Nessuna tregua col Potere e i suoi burattini!”

Per un Dicembre Nero!

Per l’offensiva anarchica contro il mondo del Potere!

PS. L’11 dicembre di due anni fa il nostro fratello Sebastián ‘Angry’ Oversluij ha perso la vita durante l’espropriazione armata di una banca in Cile, ucciso dal tiro di un servo in uniforme del sistema. Crediamo che questo Dicembre Nero sia l’occasione per onorare la memoria del nostro fratello anarchico, unendo la memoria anarchica e abolendo di fatto confini e distanze.

Nikos Romanos

Panagiotis Argirou, membro della Cospirazione delle Cellule di Fuoco – FAI/IRF

Chi è Osman Evcan?

vegan

from :http://rabble.org.uk/turkey-vegan-anarchist-prisoner-osman-evcan-on-hunger-strike-again/

Osman Evcan è nato a Samsun nel 1959, è un prigioniero anarchico che ha passato I suoi ultimi 23 anni in prigione. Nel 1992 è stato condannato a 30 anni di prigione con le accuse di essere membro di un gruppo terroristico di estrema sinistra e di rapina. È stato inoltre imprigionato per 9 anni fra il 1980 e il 1989. Da quando Osman ha seguito le idee anarchiche nel 2003, è anche diventato vegano e ha supportato la liberazione animale.

Osman Evcan è stato incarcerato in diverse prigioni di tutto il paese durante la sua condanna, ha costruito la sua vita combattendo la violenza autoritaria e soprattutto la violenza el’oppressione che è una parte sistematica della struttura gerarchica della prigione, e continua a combattere contro la mentalità oppresiva della prigione,senza mollare di un millimetro, ispirandosi a giusti principi per anarchici, vegani, libertari.

La prima azione eclatante  di Osman è stato il suo sciopero della fame che durò 42 giorni  affinchè fosse disponibile il cibo vegano in prigione , nel 2011.

E’ disponibile Fenrir # 6 – pubblicazione anarchica ecologista

Fenrir6-OK

 

 

È disponibile il numero 6 di FENRIR, pubblicazione anarchica ecologista di supporto ai/le prigionierx, azione diretta, aggiornamenti e analisi sulle lotte anarchiche e di liberazione animale, umana e della terra in tutto il mondo.

84 pagine formato A4.

In questo numero trovate:

–  Editoriale
–  Se non ora quando? Azioni dirette antiautoritarie nel mondo
–  Max Stirner “La forza del singolo”
– Sversamenti di petrolio, disastri industriali
– Il sistema tecnico secondo Jacques Ellul
– La paura della libertà. Le nuove frontiere della connivenza cittadina
– Devastazione ecologica e scontro con il potere
–  Visioni dal presente. La robotica applicata alla guerra
– Intervista a Sosyal Savas, collettivo anarchico dalla Turchia
– Esercizi di memoria rivoluzionaria: Ravachol
–  Da Santiago ad Atene. Intervista inedita alla Cospirazione delle Cellule di Fuoco
– Lettere dal carcere
– Notizie dal necromondo
– Aggiornamenti sui/le prigionierx e sulla repressione di stato
Fenrir6-OK

Letture consigliate

Per ricevere una o più copie scrivici: fenrir@riseup.net

Aiutaci a distribuire “Fenrir”, se hai una distro o vuoi un po’ di copie, contattaci!

Il costo è di 3 euro a copia, oppure di 2 euro per ordini di 5 o più copie.

On “ethics”, “sabotage” and “terrorism” – (by actforfreedom )

Siamo anarchici e siamo molti

E la vostra inane legge
Non ci doma né corregge
Né ci desta alcun terror
 Guerra, guerra e guerra sia!
 L’ ideal per cui pugnamo
No, non teme i vostri orror
Siam ribelli, e forti siamo,
il terror degli oppressor!
I potenti della terra
Anarchist chant
 Anyone with some common sense, who has even a distant notion of what the nature of the no Tav movement is and of the ethical framework within which this struggle expresses its 20-year-long resistance, can see that I was not there with the intent to pursue terror or worse”. Mattia
 “On the other hand, those who struggle have learned, with intelligence, to channel even those strong and impetuous passions that are born of the many hits we took, like when a friend lost an eye from a tear gas grenade or when another came close to death”. Niccolò
 Military and paramilitary attacks, indiscriminate violence and weapons of war belong to states and those who emulate them”. Chiara
 We are accused of having acted to strike people or at least of having no regard for their presence, as if we had no regard for the lives of others…In relation to the accusation of terrorism I have no intention of defending myself. The solidarity we were shown from the moment of our arrest up until the present day has gone far to dismantle this daring incrimination”. Claudio.
 “Your words, as well as sounding proud, sound just, in the sense that they are both “ethically upstanding and attuned. Open letter to Chiara, Niccolò, Mattia and Claudio
 “The prosecution wanted to create dissociations, namely, to push the movement to distance itself from its own power…We can say, quite plainly, that the movement held out by fully grasping what was at stake…The demands made by the prosecution are what in lawyers’ jargon is called “fence-sitting”. Go ahead and give them the minimum sentence, but convict them of terrorism”. Open letter to Chiara, Niccolò, Mattia and Claudio
 We can quite plainly say that the ‘movement’ has secured yet another victory. Not only has it managed to market a watered-down, inoffensive and whiny version of sabotage, but simultaneously, it has used its superior “ethical code” to blacklist all violent direct action that goes beyond striking a compressor with a Molotov. The courts have also won, by managing to impose boundaries that good kids shouldn’t cross, if they want to avoid anything more than a sounding spanking.
For that matter, the victory for the courts has been sweeping, because through the terroristic prospect of years and years of prison, they made sure that comrades themselves – with their own statements – were the ones to draw up the boundaries that could not be crossed.
Therefore we can say, quite plainly of course, that the ‘movement’ held on by fully seizing the limits that power wanted to impose, transforming the act of burning the compressor into a spectacle, into mediation, into politics, into a complete and utter recuperation of sabotage. In the eyes of people and judges, everything that goes beyond this democratically accepted and non-violent vision of sabotage becomes terrorism. In this light, Nicola and I who shot a man and refused to limit ourselves to the destruction of things, are terrorists.
Through their statements, the no tav anarchists have in fact embraced this vision, giving it value, affirming it. According to the superior ‘ethical code’ of a large part of the “movement”, those who strike people weapon in hand, are terrorists. To the calculative and well-meaning ethics of “sabotage”, I prefer terrorism, with its clear, wicked and distinctly linear login. To the “lack of rhetoric” and “serene obstinacy” of “sabotage”, I prefer violence, the lack of calculation and the “recklessness” of those who shoot without thinking about the criminal consequences. To the superior “ethical code” of those who have lawyers dictate their positions, I prefer the irrationality and genuine “ultra-violent” and “truculent” “rhetoric” of anarchist nihilism.
Even if only for a question of style, in the tragicomic theatre of good and evil, I prefer to play the role of the evil anarchist. It seems a thousand years ago that the very same anarchists who today stuff their faces with moderation and “ethnically upstanding and attuned words”, were shouting scandal at other anarchists, accusing them of dissociation, blaming them for being “good people” at the service power for much less. Times change as do people….unfortunately.
It is you, no tav anarchists, who have put me in this little theatre with the statements you made to judges; with the silences you upheld when the leftist intelligentsia distanced itself from our terrorism in support of you. Distances that were taken in the name of an “ethical framework” that you made your own, in sly, political and allow me to say, opportunistic ways. We shared the same prison, the same isolation. We are tied through a common thinking, a common belonging. You still define yourselves anarchists, don’t you? Your beloved no tav movement worked hard to stop you from breathing in our air, to avoid you getting confused with us terrorists. From you there was only silence, a complicit silence that is very similar to consent. A consent that was confirmed by the statements you made to the judges. Up until the moment you were “freed” from these prison sections, there was never a word uttered about the terrorists who would remain within them.
When your friends, no tav activists and various Perino-type people[1] talked about the gulf between sabotage and attacks on people, the “moral” and “ethical” gulf that exists between you the saboteurs and us, the evil terrorists, you were careful not to use clear words, dotting your is and crossing your ts[2]…back then there really was a need, but perhaps a show of sympathy for our action at that moment in time would have created some problems for you.
Today, in order to beg for “solidarity” I would have to dogmatically rise “above” the “polemics” and from my “high horse” as a “coherent” revolutionary prisoner, in a balanced and impartial way, wisely uphold that deep down all practices and positions amount to the same thing. That there are “a thousand ways forward and only one horizon”. That the only terrorism is the terrorism of states. That unity forges strength, that the “movement” should not be split. I should wisely uphold these and other conveniences. Better to overlook the fact that in practice, it is almost always the same “paths” the same actions that materialise, those that are more easily sold to people, less risky for ourselves and for others, those that are light years away from actually affecting anything, from truly causing harm.
Better to overlook the fact that in the history of anarchism there have been and continue to be anarchists who have defined their own actions as terrorist ones. Better to overlook the fact that a “movement”, united at all costs, rather than making us stronger, impoverishes us, forcing us to compromise, to mediate, transforming us into politicians and opportunists. If I really must have a role in this play I want it to be that of the evil terrorist. I don’t particularly love the role, but after the statements you made to the judges, I don’t have a choice. In the play that you have helped put together, there are only two roles, the evil anarchist, the terrorist who spills blood, and the good anarchist, the “saboteur” who, in a humanitarian vein, only strikes things, who establishes a superior “ethics” with the penal code to hand and who judges the “morality” of an action solely on its politico-strategic usefulness and on the basis of whether it is more or less acceptable to its movement of reference: no tav, no dalmolin, mo mose, no muos…whatever it may be.
It’s not for me – if this is how things are, better to be a terrorist. Anyone who knows a bit about the history of anarchism knows very well that at times, anarchists have practiced terrorism, striking a social class, the bourgeoisie, sometimes in an indiscriminate way. In spite of what certain insurrectionalists might say, terrorism is part of our history, the history of anarchism. Today there continue to be anarchists who, regardless of penal codes and political correctness, are not shocked when they are defined terrorists. It doesn’t shock them because they know that their actions of social revenge can terrorize an entire class: the bourgeoisie and the managerial class. They are not shocked because they know they are at war by all possible means, whatever the cost. When these anarchists were taken, they claimed their actions with pride in front of people, judges and courts, taking responsibility but never pontificating about “ethically” just actions, never ranting about an elusive and laughable “ethical framework” which is only the product of an irrepressible, irresistible and clumsy desire to “cover one’s arse”.
To be clear, I don’t have anything against a technical defense – I don’t see anything wrong with ‘covering one’s arse”, I also did it with the abbreviated trial but let your lawyers be the ones to do it (within the realm of decency of course, provided one has an ounce of decency to begin with) and most of all, don’t shit on other practices because you feel “ethically” superior just because you haven’t touched a hair on anyone’s head. Don’t cloak your legal “victory” in “ethics”. It is true that today, to the state, you are not terrorists but saboteurs, you have legitimised and disarmed sabotage, but in this I see no “victory”, only another step towards the alignment and adjustment to an existent that you profess to fight against. Whatever happened to those sharp “daggers drawn against the existent”? Your words in court have unwillingly dragged me into this “ethical” diatribe.
Remaining silent would have meant me supporting the false “ethical” relationship used by people and judges about good saboteurs and evil terrorists. I think the time has come to break this “ethical framework” imposed by a no tav “movement” that so faithfully mirrors this reality, the child of democracy and false opponent of the existent. It would be enough to ignore the cheers and hisses of the assemblies of “people” which by now have become instruments in the politics of fiction. It would be enough to stop placing limits on action. That’s all you’d need to open up new perspectives, to come out of the spectacle of “participatory” and “civil” politics. Finally, for once let me be the one to distinguish between those who love the slow labouring of the social sphere, of harmless sabotage, and those who like me, believe that between two points the straight line of violence without barriers is the shortest, the most effective and the happiest.
Alfredo Cospito
January 2015
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[1] Alberto Perino is an ex-trade unionist and long-term leader of the no tav movement.
[2] This is a reference to an Italian text ‘i punti sulle i’ (‘the dots on the is and crosses on the ts’) an anonymous response to the communiqué claiming the kneecapping of Roberto Adinolfi. The text came out before the arrests of Nicola Gai and Alfredo Cospito and is regarded by some as an act of dissociation with their actions.  
—————————————–
Translated  from Italian  October 2015  issue of Crocenera N2 [Anarchist Black Cross]

Sabotato veicolo in solidarietà con arrestati e indagati per il primo maggio No Expo

“GENOVA (AREA PORTO ANTICO): Incendiato lato guida di gru cingolata della
ditta MARINI, leader nella devastazione della Terra. Solidarietà a tutti
gli arrestati e indagati x la rivolta del primo Maggio milanese. Contro
chi da quella manifestazione si è dissociato considerandola troppo
chiassosa ed incontrollata, e contro chi, da milano a cremona, da torino a
genova si è dissociato da sabotaggi avvenuti su “suolo
italico”. Nonostante i fatti di Parigi e l’ovvio intensificarsi degli
sbirri in città, io ho agito e agirò con la stessa tensione, passione, paura
che mi contraddistingue dalle masse.
Un Anarchico”

Mer, 18/11/2015 http://http://www.informa-azione.info/genova_sabotato_veicolo_primomaggio

Address detained comrades for NoExpo May Day 2015

12.11.15: Police in Italy and Greece launched a repressive operation at dawn this morning against activists who participated in the #NoExpo May Day 2015 mobilizations in Milan.

10 comrades have been detained – 5 in Italy (all in Milan) and 5 in Greece on charges of ‘destruction and looting’, aggravated resisting of the police and misrepresentation.

5 other comrades who are still at large are under investigation for the same charges – 3 in Milan, one in Como and one in Greece.

The detained comrades all had DNA samples taken from them.

More news as it comes.

 

WHO WANTS TO WRITE TO THE COMRADES:

 

Dell’acqua Alessio

Ripiani Niccolò

Algardi Edoardo

Casieri Andrea

Piazza Filangieri 2

C/O

San Vittore, Milano

20123

IL BUCO

Il Buco è un nuovo blog di traduzione e diffusione di notizie del mondo anarchico, sarà un blog multilinguistico ed aperto alla più ampia collaborazione.

Il nostro appoggio da sempre va a tutti i prigionieri rinchiusi nelle celle della democrazia di tutto il mondo e a tutti i compagni sparsi su questa terra. Agli anarchici d’azione, ai nostri compagni e fratelli che si muovono tra le tenebre della notte per colpire la falsa tranquillità della borghesia che vuole dominarci.

“IL BUCO”  era una botola che scendeva in un sotterraneo in cui si riuniva il movimento Anarchico clandestino di cui fecero parte Pedrini E Lucetti, da qui abbiamo preso il nostro nome, da chi prima di noi ha scelto di lottare per l’Anarchia!