Scelgo di pubblicare l’articolo di Finimondo, sottoscrivendo ogni parola, e preferendo questo “atto di rivolta scritto” a qualsiasi rivendicazione pubblicata in questi ultimi giorni e ai vari distinguo “in buona fede”. S.Z.

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Certo, fino allo scorso millennio le cose erano più semplici. Di fronte ad un atto di rivolta c’era chi condannava e prendeva pubblicamente le distanze, c’era chi metteva la testa sotto la sabbia e faceva finta di niente, e c’era chi lo sosteneva apertamente. E non si sta qui parlando delle rivendicazioni diffuse dagli autori di quegli atti. Stiamo parlando di tutti coloro che pubblicamente esprimevano la propria approvazione, il proprio sostegno, la propria solidarietà a quelle azioni. Prendere le difese della rivolta, darle tutte le ragioni, esprimerne tutte le passioni, non dovrebbe stare a cuore ad ogni sovversivo? E prendersi questa libertà di pensiero e di parola non dovrebbe essere il minimo da fare?
Essendo difficile individuare gli autori materiali di quegli atti, ma conoscendo bene l’identità di coloro che li sostenevano pubblicamente, non di rado gli inquirenti hanno iniziato a incriminare i secondi imputando loro la paternità del fatto. Basandosi su una ipotesi, naturalmente, dato che la coincidenza fra primi e secondi non può certo essere data per scontata. Forse sì, forse no, forse solo per alcuni, forse solo in qualche caso. Ma ad uno sbirro, cosa volete che importi? Uno sbirro non fa tante distinzioni ed in fondo frenare l’idea è già qualcosa, è già un primo passo per ostacolare ed arginare anche l’azione. A titolo di esempio, a quanti anarchici è capitato di essere inquisiti perché rei di redigere pubblicazioni in cui si gioiva davanti ad atti di rivolta o di disordine? È facile capire la domanda che passa per la mente di un inquisitore: perché costoro sostengono apertamente simili atti? È chiaro che nessuna persona dabbene lo farebbe. Un simile comportamento è losco, sospetto… insomma, devono essere stati loro, e se non sono stati loro poco ci manca!
Probabilmente l’incriminazione di quella idea, con tutte le noie che ciò comporta, non è estranea al dilagare nel corso degli anni di una abitudine un tempo poco presente. Oggi, di fronte ad un atto di rivolta, c’è ancora chi condanna e si dissocia (pavidità che per altro è sconfinata dai ranghi delle organizzazioni militanti più mummificate) e chi ostenta indifferenza. Per il resto, in molti hanno iniziato a dare notizia di ciò che considerano più entusiasmante limitandosi a riprodurre scrupolosamente quanto scritto dai giornalisti, specificando la provenienza della fonte. Il risultato è che oggi i sovversivi che prendono pubblicamente le difese degli atti di rivolta sono quasi scomparsi, mentre proliferano quelli che al massimo copiano-e-incollano quanto battuto dalle agenzie stampa.
Tutto ciò ha avuto come effetto un ulteriore rafforzamento della vecchia supposizione sbirresca secondo cui una infrazione della legge possa essere apertamente apprezzata solo da chi l’ha compiuta. Basti pensare ai giornalisti, che da qualche tempo sono soliti definire «rivendicazione» ogni testo favorevole ad un atto di rivolta. Oppure basti pensare a quei leaderini militonti che un anno fa ci hanno pubblicamente indicato quali responsabili di alcuni sabotaggi all’Alta Velocità in quanto animatori di un sito che ha sempre sostenuto tale pratica. Sta diventando quasi un luogo comune, solo chi compie determinati atti di rivolta può sostenere apertamente determinati atti di rivolta. Nessun altro. Chiunque altro deve  — se non condannare o dissociarsi — stare zitto, fare finta di niente, non esprimersi, al massimo riportare la notizia nella maniera più asettica possibile prendendola dalla stampa di regime.
Ebbene, abbiamo appena scoperto che a quanto pare questa brillante logica non rimbalza solo nel desolante cervello di sbirri e loro servitori, ma frulla anche nella testolina di qualche anarchico. La cosa — considerati i tempi — non ci ha stupito più di tanto.
Ne prendiamo atto. Ma per noi sostenere un atto di rivolta, non solo non ha nulla a che vedere col ripetere pari pari le parole dei mass media, non ha nulla a che vedere nemmeno col compiacere gli autori materiali di quell’atto. Men che meno quando questi avanzano la stessa, identica pretesa di chi vorrebbe che fuori dalle condanne, dal silenzio e dalle veline ci debbano essere solo e soltanto rivendicazioni (nemmeno se questa pretesa fosse sostenuta in «buona fede», impensato effetto collaterale di una bizza).
Ecco, ci mancava solo questa. Dopo il cittadinismo che vorrebbe trasformare i bagliori notturni collettivi in bene comune, arriva un certo nichilismo che vorrebbe trasformare i bagliori notturni individuali in bene privato. Anche in questo caso, no, non siamo affatto d’accordo. A nostro avviso sostenere gli atti di rivolta dovrebbe essere opera di tutti i compagni, non solo di chi li compie. E poiché è auspicabile che i singoli compagni non abbiano un pensiero unico ed un linguaggio unico, è altrettanto auspicabile che ognuno sostenga la rivolta come meglio preferisce. Le sue ragioni, come le sue passioni, non ne usciranno affatto scalfite o strumentalizzate in quanto poco rispettose dei diritti d’autore, ma arricchite, ampliate, differenziate. Sostenere, difendere, allargare le ragioni della rivolta significa metterla a disposizione di tutti, significa cercare una breccia per portarla nel cuore di ciascuno, significa tentare di farla estendere e generalizzare. Ipotesi che evidentemente non interessa ai contemplatori della propria immagine, secondo i quali ciò che fanno può essere apprezzato solo da loro stessi e da chi ne ricalca la singola lettera. Come se un atto di rivolta fosse un fatto privato, esclusiva proprietà di chi è in grado di certificarne la paternità.
Ma se la rivolta è come la poesia e deve essere fatta da tutti, se il modo migliore per difendere la libertà di pensiero e di parola è quello di esercitarla, allora da parte nostra ci auguriamo che si abbandoni l’insulso copia-e-incolla e si inizi (o si torni) a sostenere apertamente gli atti di rivolta usando ciascuno il proprio linguaggio e le proprie ragioni. I difensori dell’ordine pubblico andranno a caccia di streghe, è possibile. I capipopolo della militanza politica andranno a caccia di provocatori, è probabile. I rivoluzionari armati doc andranno a caccia di infedeli alla linea, è verosimile.
E allora?
[8/1/16]